L'intervista a padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, pubblicata in questo libro a cura di Giorgio Acquaviva, vaticanista del Quotidiano Nazionale, vuol essere «un contributo di conoscenza soprattutto per chi conosce poco le intricate vicende che da sempre accompagnano la vita dei suoi abitanti e il riflesso che quelle vicende hanno avuto e hanno sulla storia mondiale». Nei cinque brevi capitoli troviamo davvero tante informazioni, ma sono tante soprattutto le provocazioni a riflettere e a sostenere una Terra che tutti noi sentiamo «nostra madre».
L’intervista è un modo fresco di raccontare pensieri e fatti: mentre colui che racconta si coinvolge in prima persona, colui che ascolta o legge è facilitato a seguire il discorso in atto. Così è del presente libro, le cui pagine sono come decise pennellate sulla realtà viva della Terra Santa, illustrata con passione da chi ne ha assunto su di sé e dentro di sé le speranze e i drammi. L’intervista a padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa dal 2004, curata da Giorgio Acquaviva, giornalista vaticanista del Quotidiano Nazionale, vuole essere «un contributo di conoscenza soprattutto per chi conosce poco le intricate vicende che da sempre accompagnano la vita dei suoi abitanti e il riflesso che quelle vicende hanno avuto e hanno sulla storia mondiale» (Introduzione, pp. 9-10).
La ricchezza e la bellezza della Terra Santa non sta tanto nel suo paesaggio, ma – afferma il padre Custode – «nei tantissimi passaggi di storia» conosciuti da questa terra lungo i secoli. Ed è proprio la storia che qui è raccontata in un interessante rimando continuo tra passato e presente.
La rilettura della storia della salvezza mostra allora che la storia dell’Israele antico si rivela paradigmatica per l’oggi di ciascuno e della Chiesa (cap. I: «Storia (e geografia) della salvezza»). La cancellazione degli ebrei dalla Palestina da parte dei romani (inizio II secolo) richiama il dramma della Shoah, ma il loro ritorno e la costituzione dello Stato ha dato forte impulso al confronto teologico e politico con le Chiese cristiane (cap. II: «Israele scompare e ricompare»). In una Terra da sempre politicamente e religiosamente contesa, qual è la ragione di essere cristiani qui? Ricordando quanto disse Giovanni Paolo II, così risponde il Custode: «Secondo me non possiamo essere ponte, purtroppo. Non possiamo perché siamo radicati molto bene nel mondo arabo-palestinese, ma non molto nel mondo israeliano. Intendo dire che non essendo ben radicati in tutt’e due le realtà, non possiamo fare da ponte. Ma per l’una e l’altra parte noi abbiamo il dovere di testimoniare la nostra partecipazione ai drammi e alle speranze di questi popoli. Devono poter contare sul fatto che un cristiano non è mai neutrale, passivo, indifferente, rassegnato…» (p.48) (cap. III: «I nodi di Terra Santa»). A Gerusalemme «confluiscono – non nascono – tutte le paure, le tensioni, le speranze, le preghiere dell’umanità» (p. 63). Riflesso di tale concentrazione sono le difficoltà di convivenza ravvicinata, ma anche le ricchezze nascoste di tante associazioni per lavorano intensamente per la pace, così come delle Chiese che sono necessariamente impegnate a dialogare con i fatti concreti (cap. IV: «Gerusalemme, la Chiesa, le Chiese»). Radicata nell’ideale evangelico di San Francesco, la Custodia di Terra Santa «per otto secoli ha rappresentato, e rappresenta ancora, l’unico caso nel Vicino e Medio Oriente di una costante presenza cattolica e "occidentale" pacifica» (pp. 83-84), e la sua missione non ha bisogno di essere ripensata, poiché rimane la stessa: «custodire i Luoghi Santi e la comunità cristiana» (p. 89) (cap. V: «La Custodia di Terra Santa»).
Nei cinque brevi ma assai densi capitoli troviamo davvero tante informazioni, ma sono tante soprattutto le provocazioni a riflettere e a sostenere una Terra che tutti noi sentiamo in qualche modo «nostra madre».