Abbiamo ancora negli occhi la tragedia di Gaza, con il suo carico di violenza e di sangue. La crudele statistica della guerra racconta di centinaia e centinaia di vittime (secondo fonti palestinesi ancora da verificare 1.205, di cui 410 bambini, 108 donne e 113 anziani). Dall’inizio delle operazioni militari nella Striscia hanno perso la vita anche 10 soldati e tre civili israeliani colpiti dai razzi lanciati dai miliziani di Hamas sulle città di confine. Secondo fonti locali, sarebbero 5 mila le case distrutte nella Striscia di Gaza, 16 gli edifici governativi e 20 le moschee. Circa 20 mila i palazzi gravemente danneggiati. Ma è soprattutto la situazione umanitaria a destare preoccupazione: mancano beni di prima necessità, medicine e perfino acqua. La popolazione è allo stremo.
Serve dunque un impegno concreto per alleviare le sofferenze di donne, vecchi e bambini (a questo proposito vi invitiamo ad aderire alla raccolta fondi che la Custodia di Terra Santa ha promosso, come spieghiamo a p.7). Mentre le truppe israeliane, dopo 22 giorni di guerra, si sono ritirate e finalmente tacciono le armi, la vera partita si gioca sul tavolo della ricostruzione morale del tessuto sociale e del rilancio delle ragioni della pace. La vera sfida sta nell’individuare percorsi e iniziative di dialogo concreto, specie tra le nuove generazioni di israeliani e palestinesi, per offrire una prospettiva che non sia quella dell’odio e dello scontro. La soluzione al conflitto israelo-palestinese, all’«inaudita violenza» denunciata da Benedetto XVI, non può fare a meno del riconoscimento delle ragioni degli altri e dello sguardo più limpido di una nuova generazione finalmente educata al rispetto e alla comprensione.