La piaga del lavoro minorile in Siria sembra non arrestarsi. È l'allarme lanciato dai difensori dei diritti umani. Nonostante che nel Paese ci siano leggi che impediscono l'impiego dei bambini sotto i 15 anni, limite che sale a 17 per i lavori particolarmente impegnativi sul piano fisico, il numero dei lavoratori al di sotto di questa soglia di età è in costante crescita. Uno studio condotto nel 2007 dall'Ufficio di Statistica e dall'Unicef, ha dimostrato che sono oltre 620 mila i lavoratori tra i 10 e i 17 anni.
La piaga del lavoro minorile in Siria sembra non arrestarsi. È l’allarme lanciato dai difensori dei diritti umani. Nonostante che nel Paese ci siano leggi che impediscono l’impiego dei bambini sotto i 15 anni, limite che sale a 17 per i lavori particolarmente impegnativi sul piano fisico, il numero dei lavoratori al di sotto di questa soglia di età è in costante crescita. Uno studio condotto nel 2007 dall’Ufficio di Statistica e dall’Unicef, ha dimostrato che sono oltre 620 mila i lavoratori tra i 10 e i 17 anni. Non è uno scenario insolito incontrare, per le vie delle grandi città o nei centri di rilevanza turistica, bambini che voltano le spalle all’istruzione e vengono mandati a lavorare per aiutare le famiglie in difficoltà.
Sempre più bambini sono costretti a lasciare la scuola, che in Siria è obbligatoria e gratuita fino al nono grado. Uno di loro è Mohammed, 12 anni, garzone per un fast food di Homs, la terza città siriana per importanza dopo Damasco e Aleppo, situata sulle rive del fiume Oronte. «Siamo una famiglia povera – dice Mohammed – io, i miei fratelli e mio papà lavoriamo tutto il giorno per avere i soldi per pagare l’affitto». Anche se la legge vieta di impiegare ragazzini per più di 6 ore al giorno, e soprattutto tra le 19 e le 6, Mohammed lavora fino a tarda sera: «Ho smesso la scuola perché stando al lavoro tutti i giorni fino a tardi non riesco a svegliarmi per tempo la mattina». Tutto questo per l’equivalente di 5 dollari al giorno, poco più di 250 lire siriane. Una t-shirt ricordo costa attorno alle 200 lire…
Come Mohammed c’è Omar, che ha 15 anni e lavora come assistente idraulico da quando il padre è morto e la madre si è ammalata.
Mohammed e Omar sono solo due casi dell’alto numero dei bambini lavoratori, che raggiunge il 18 per cento della popolazione tra i 10 e i 17 anni. Il 65 per cento di questi bambini lavora nell’agricoltura, spesso vengono reclutati insieme alle proprie famiglie, e ricevono un salario inferiore rispetto agli adulti, pur lavorando allo stesso modo e nelle stesse condizioni. La metà di loro, se lavora con la famiglia, non riceve stipendio.
Bassam al-Qadi, direttore del sito Women of Syria, che si occupa dei diritti di donne e bambini, sostiene che il governo non faccia abbastanza per il rispetto delle condizioni del lavoro, e che a dispetto delle leggi vigenti il lavoro minorile sta diventando sempre più comune. Forse anche a causa della situazione economica del Paese. Le famiglie sono sempre più povere, e si affidano a ogni mezzo pur di racimolare dei redditi supplementari. Al-Qadi aggiunge che i politici preferiscono non intervenire per far rispettare le leggi, ma lasciano che siano i genitori a decidere dei propri figli, soprattutto nelle zone più povere, dove la decisione di mettere i bambini al lavoro è diventata ormai un «affare di famiglia». Per le aziende che trasgrediscono la legge è previsto soltanto il pagamento di una multa.