Il 12 febbraio scorso, nel corso di un’udienza concessa a una delegazione di ebrei nordamericani, Benedetto XVI ha accennato al suo imminente viaggio in Terra Santa. Secondo indiscrezioni di stampa, la visita – annunciata a Natale anche dal patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal – dovrebbe svolgersi nella prima metà del prossimo maggio – dall’8 al 15 – salvo che intervengano gravi ragioni a consigliare uno slittamento in avanti nel tempo.
Nelle Chiese e nelle comunità di Terra Santa si intensificano intanto i preparativi per un evento che è atteso con ansia, anche per il momento non del tutto sereno in cui versa lo stato delle relazione ebraico-cristiane. E quando ancora non si è spenta del tutto la battaglia (con incursioni da una parte e lanci di razzi dall’altra) all’interno della Striscia di Gaza.
Proprio da questa tormentata provincia palestinese giunge da parte di don Manuel Musallam, parroco latino di Gaza, un appello al Santo Padre perché visiti il piccolo gregge cristiano che vi abita.
Oggettivamente appare difficile che il Santo Padre possa recarsi in una zona dove sarà impossibile garantire la sua incolumità. Ma quella della comunità di Gaza è una richiesta di attenzione e di sostegno che certamente non andrà disattesa.
Negli ultimi mesi gli interventi del Santo Padre a favore della pace e a sostegno della popolazione vittima della guerra e della violenza non sono mancati. E certamente il Papa non si esimerà ancora un volta dal farsi interprete delle attese e delle speranze di una comunità profondamente segnata dal dolore.