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Nel 1536 Solimano il Magnifico pone a Gerusalemme la corona delle sue mura. Delle sette porte che vi si aprono quella di Damasco è certamente la più spettacolare.

Una porta sulla storia

Chiara Tamagno
5 marzo 2009
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Una porta sulla storia
La Porta di Damasco, a Gerusalemme. (foto S. Lee)

«E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme». Quante volte questo versetto del salmo 122 riecheggia nel cuore del pellegrino che raggiunge la Città santa! L’immagine delle mura imponenti che proteggono Gerusalemme è impressa nella memoria: oltre quattro chilometri di pietra chiara, che diventa rosa all’alba e al tramonto, contornata di merli sulle sommità, e avvolta dal fascino dei secoli che non l’hanno scalfita. Una corona possente intorno alla città più amata e contesa del mondo. Fatta costruire da Solimano il Magnifico tra il 1536 e il 1542, per proteggere la città santa dagli attacchi nemici, è penetrabile solo dalle sue antiche porte: sono sette (l’ottava è murata).

Di queste sette porte, quella di Damasco è la più spettacolare. Troneggia con elegante maestosità sul lato nord delle mura e spicca sull’ampia gradinata che le si apre davanti ad anfiteatro. Gli arabi la chiamano Bab al Amud, «porta della colonna», probabilmente dal nome della colonna dedicata ad Adriano che un tempo vi sorgeva dinanzi e che viene anche riportata nella pianta di Gerusalemme del mosaico di Madaba. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce i resti della porta che qui fu costruita al tempo d Erode (44 d.C.), fiancheggiata come lo è ora da due torri dette «torri delle donne». Distrutta dall’imperatore Tito nel 70 d.C., questa porta fu ricostruita dai romani circa 50 anni dopo e offriva l’ingresso alla via imponente del cardo che attraversava la città vecchia.

Quella che possiamo ammirare oggi è la porta monumentale fatta costruire da Solimano nel 1540, detta anche «di Damasco» perché si apre sulla strada che portava verso la capitale della Siria. Un vero capolavoro di arte ottomana!

All’interno della porta si possono notare alcuni particolari che ne raccontano la storia:  la pietra con il simbolo della Legio X Fretensis di epoca erodiana, il pavimento simile a quello del Lithostroton risalente al tempo adrianeo e quel che resta della cappella di Sant’Abramo costruita nel tempo crociato.

Intorno pullula invece la vita concitata e variopinta della città vecchia che immette al suk: mercanti arabi, donne beduine, contadini dei villaggi espongono prodotti di ogni tipo sulle gradinate dell’anfiteatro antistante, uno spazio che ogni mattina si veste di mille colori, suoni, aromi speziati.

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