Pietre vive, a caro prezzo
Nel corso dei secoli i frati di Terra Santa si sono sempre impegnati nell’assistenza, non solo dei pellegrini, ma anche dei cristiani locali. E per questi ultimi, un tempo come oggi, il sostegno ha sempre riguardato tre ambiti precisi: lavoro, istruzione e abitazioni Ci si potrebbe però domandare per quale motivo occorra ancora provvedere anche la casa a chi, magari, un’occupazione ce l’ha, e perciò un reddito con cui pagare l’affitto o acquistarla. La ragione più ovvia sta nell’insufficienza degli stipendi per coprire le necessità dell’affitto. In Terra Santa, poi, è da lungo tempo che le condizioni ambientali sono sfavorevoli alla minoranza cristiana.
Pensiamo a Betlemme: prima della guerra del 1948 la città era cristiana e gli abitanti erano proprietari di terreni e potevano acquistare o costruire case. Con l’inarrestabile flusso di musulmani dai campi di rifugiati e dall’area di Ebron, la situazione è mutata radicalmente. Oggi gran parte dei terreni edificabili è in mano musulmana e ciò di sicuro non favorisce i cristiani, che sono 12 mila rispetto a 35 mila musulmani. Senza parlare dei terreni confiscati dallo Stato di Israele – circa il 20 per cento – per realizzare la Grande Gerusalemme. Le superfici edificabili a disposizione dei cristiani sono davvero ridotte. E i cristiani di Betlemme sono sottoposti a forti pressioni. La Custodia perciò sostiene le famiglie: acquista e affitta case ai cristiani locali e ne costruisce di nuove.
A Gerusalemme sotto certi aspetti il quadro sembra più disteso. Nella città antica, tuttavia, da alcuni decenni vi è una corsa all’accaparramento di abitazioni. Capita talvolta che d’un tratto compaia sul tetto di una casa una bandiera nazionale come segno di conquista più che di presenza.
La politica edilizia della Custodia è stata attuata essenzialmente intorno alle aree dei santuari e delle parrocchie con il proposito di rendere vivo il cristianesimo locale.
I cristiani latini che vivono a Gerusalemme in alloggi di proprietà della Custodia o in affitto versato dalla «cassa custodiale» sono circa duemila. Il più delle volte è la Custodia a garantire i necessari e periodici lavori di ristrutturazione delle case.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché la Custodia non ceda la proprietà degli alloggi alle famiglie. Il motivo, sperimentato, è che una buona percentuale di case finirebbe per essere venduta. E se poi una famiglia emigra, per quale motivo l’abitazione dove viveva non dovrebbe essere assegnata a una famiglia bisognosa o a una giovane coppia di sposi? Dove vi è la presenza di comunità cristiane, lì la Custodia attua interventi edilizi. A Betlemme, ad esempio, sono stati realizzati i progetti di abitazioni Gesù Bambino (24 appartamenti) e Santa Caterina (24 appartamenti) e si sta ultimando il progetto San Francesco (22 appartamenti). A Giaffa è previsto il Quartiere francescano (133 appartamenti); in Libano, a Tripoli, sono in corso di costruzione 60 alloggi. Da non molto, a Betfage, sono terminati i lavori per la realizzazione del villaggio San Francesco, che potrà ospitare sessantotto famiglie.
In precedenza sono stati costruiti alloggi ad Acri, a Er-Ram (una località tra Beit Hanina e Ramallah), nella stessa Beit Hanina e a Betania.
La presenza dei cristiani in Terra Santa non è meno importante per la Chiesa degli stessi Luoghi Santi. I cristiani di Terra Santa sono la memoria vivente, «pietre vive», come qualcuno li ha definiti.
Come si può immaginare, l’impegno non solo finanziario, del resto coperto dalla generosità dei cattolici di tutto il mondo, è notevole e, spesso, fonte di inevitabili complicazioni e non solo burocratiche. Ma è una via da seguire, perché i numeri su elencati sono un nulla rispetto al fiorire di interi quartieri sul territorio.