La crisi ecomica inizia a farsi sentire anche in Israele. In occasione della Pasqua, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato al ministro delle Finanze del suo governo di aumentare il bilancio affidato alle organizzazioni non governative per gli aiuti di cibo alle famiglie. Durante la Pasqua ebraica, infatti, la tradizione esige un abbondante consumo di cibo. E capita che una famiglia non in grado di provvedere a questa consistente spesa rituale, rischi di subire un pesante stigma sociale.
La crisi economica tocca trasversalmente le diverse fasce della popolazione israeliana (sia quella ebraica che araba). Il bilancio nazionale per l’assistenza alle famiglie è intorno ai 9 milioni di shekel, circa 2,2 milioni di dollari. Ma non basta più: secondo le ong deputate all’assistenza dei più poveri, le richieste di aiuto sono aumentate di circa il 60 per cento in un anno. E secondo il ministero per gli Affari sociali israeliano circa il 20 per cento della popolazione avrà bisogno di un aiuto economico nel 2009. L’85 per cento degli aiuti del welfare, in Israele, raggiungono i più poveri attraverso le ong, che hanno però rilevato una diminuzione dei contributi nell’ordine del 40-60 per cento. E, in Israele, la richiesta per accedere a fondi per i disoccupati è ultimamente aumentata del 50 per cento.
C’è da augurarsi che le difficoltà economiche attuali, qui come altrove, non aiutino ad accentuare ulteriormente le divisioni sociali all’interno del Paese, ma contribuiscano invece ad innescare una virtuosa gara di solidarietà.