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Spiazzati da Teheran

18/06/2009  |  Milano
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Spiazzati da Teheran
Teheran, giugno 2009. Sostenitori di Hossein Moussavi manifestano nelle piazze.

Che riflessi ha sul resto del Medio Oriente ciò che sta succedendo in Iran? Scorrendo i siti dei giornali da Gerusalemme a Ryiad, sembra di scorgere un filo rosso: tutti sono rimasti spiazzati. Quasi quasi cominciano a sentire la mancanza di quella certezza granitica di un Iran monolitico, da indicare inequivocabilmente come il «cattivo» di turno a cui attribuire tutti i mali della regione.


Che riflessi ha sul resto del Medio Oriente ciò che sta succedendo in Iran? Scorrendo i siti dei giornali da Gerusalemme a Ryiad, sembra di scorgere un filo rosso: tutti sono rimasti spiazzati. Quasi quasi cominciano a sentire la mancanza di quella certezza granitica di un Iran monolitico, da indicare inequivocabilmente come il «cattivo» di turno a cui attribuire tutti i mali della regione.

Prendiamo il tanto atteso discorso tenuto domenica da Netanyahu all’università di Bar Ilan. Sui contenuti generali la mia opinione è che – nella situazione di oggi – l’espressione «Stato palestinese» (che sarebbe poi la svolta compiuta da Bibi) sia una parola vuota; avrebbe senso se gli si dessero dei contenuti, ma su questo il premier israeliano non ha detto proprio nulla. Al di là di tutto questo, però, mi preme soffermarmi su un punto: da dove ha preso le mosse il discorso di Netanyahu? Ovviamente dalla minaccia iraniana. È come un riflesso condizionato: il risultato delle elezioni – ha detto in sostanza il leader del Likud – conferma quello che abbiamo sempre detto. E gli studenti che scendono in strada? E le richieste di libertà? Su questo il premier israeliano non ha detto una parola. Che in Iran in qualche modo possa cambiare qualcosa, è un’eventualità che per lui semplicemente non esiste.

Del resto non è il solo a pensarla così in Israele. Nei primi commenti ai risultati delle elezioni molti analisti a Gerusalemme e Tel Aviv hanno scritto che per Israele «Ahmadinejad è meglio di Moussavi», perché così non ci si può fare grosse illusioni sulla politica del dialogo che vorrebbe portare avanti Barack Obama. Ancora oggi l’altro Barak – il sempreverde Ehud, quel ministro della Difesa che non perde occasione per dimostrarsi più realista del re – ha dichiarato «che anche Moussavi è un fondamentalista e dunque – chiunque vinca – quello è il regime di ayatollah». Gli studenti di Teheran ringraziano. «Il premio per il commento più stupido della settimana – ha scritto oggi con coraggio su Haaretz Aluf Benn – va a quei commentatori e a quegli esperti che hanno descritto Ahmadinejad come il miglior candidato per Israele alle elezioni iraniane ed erano addirittura contenti che avesse vinto. Era difficile immaginare un’espressione più chiara della ristrettezza di orizzonti dell’attuale pensiero strategico israeliano».

Se questo è quanto accade in Israele, anche nei Paesi arabi la reazione è quella solita per tutto ciò che crea imbarazzo: il silenzio. Dall’Arabia Saudita all’Egitto alla stessa Autorità Nazionale Palestinese, le notizie da Teheran vengono date con molta meno enfasi che in Occidente. Perché sarà anche vero che lo sciita Ahmadinejad è il grande nemico. Ma quella che si sta consumando nelle piazze è pur sempre una rivolta popolare. Qualcosa, dunque, da evitare come la peste anche a Riyad, a Ramallah e al Cairo. Chi non può chiudere gli occhi è, ovviamente, il Libano, dove sciiti e iraniani sono di casa. Vale la pena di leggere, dunque, l’editoriale apparso un paio di giorni fa su The Daily Star, che invita Hezbollah a tenersi comunque fuori dal regolamento di conti in corso a Teheran. «I leader iraniani – scrive il quotidiano – hanno detto più volte che le questioni libanesi sono dei libanesi. Questa è un’ottima occasione per rispondergli altrettanto».

L’unico editoriale dove ci si sbilancia a favore degli studenti iraniani l’abbiamo trovato su GulfNews, il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti. Vale a dire nel posto geograficamente più lontano da Teheran e con la struttura sociale più diversa rispetto a quella iraniana. Almeno qui si può scrivere che «le manifestazioni potranno anche essere partite come una protesta contro le accuse di brogli alle elezioni, ma alla fine determineranno il futuro della Repubblica islamica».

Comunque vada a finire, sta succedendo qualcosa di importante a Teheran. Qualcosa che potrebbe lasciare il segno in tutto il Medio Oriente. La grande ondata di imbarazzo di queste ore sta lì a dimostrarlo.

Clicca qui per leggere il discorso tenuto da Netanyahu a Bar Ilan
Clicca qui per leggere il commento di Aluf Ben su Haaretz
Clicca qui per leggere l’articolo di The Daily Star
Clicca qui per leggere l’articolo di GulfNews

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