Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
Da persecutore a perseguitato. La parabola spirituale di Saulo di Tarso, prigioniero di Cristo.

Paolo di Tarso. Le catene dell’amore

suor Chiara Giovanna
30 giugno 2009
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Paolo di Tarso. Le catene dell’amore
San Paolo condotto al martirio, bassorilievo, Musei Vaticani

Nel testo che segue l’autrice immagina che a scrivere sia lo stesso Paolo, in una sorta di diario spirituale dell’Apostolo delle Genti.

*** 

C’è un impeto di rabbia soffocata e indomita nel sangue che attraversa i polsi imprigionati dal duro freddo del metallo. Le catene mordono la libertà ammaliando il movimento. E senti il respiro che ruggisce, sfidando l’impotenza.

L’ho visto tante volte il volto delle catene, assaporando il retrogusto sottile e amaro di chi si sente forte schiacciando il più debole, umiliandolo.

Questo ero convinto di vedere osservando Stefano mentre veniva lapidato. Questo mi aspettavo di trovare mentre con furiosa sete mi avvicinavo a Damasco, fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, stringendo nel pugno l’autorizzazione a condurli in catene a Gerusalemme (At 9,1-2). Convinzioni destinate al naufragio, come scogliere erose dalle onde dell’immenso.

Mai avrei immaginato, allora, che la mia stessa carne, come zolla di terra squarciata dal vomere dell’aratro, sarebbe stata piagata dai solchi dei ceppi.

Mai avrei previsto tale sofferenza di malfattore (2Tim 2,8-10) proprio a causa di quel Gesù risuscitato dai morti e del suo Vangelo.

E invece, proprio come lui sono stato catturato, ho subito un processo e ho ricevuto una condanna. Mentre rispondevo alle accuse davanti al Sinedrio e davanti a Felice (At 23.24), mentre conducevo abile un’arringa a mia difesa di fronte a Festo e al re Agrippa (At 25.26) usando i fatti come pietre e le parole come calce e cemento per edificare la mia apologia, pensavo al Cristo, muto come agnello condotto al macello, imprigionato dall’angoscia della solitudine e dell’abbandono prima ancora che dagli sputi e dalle spine. L’avevo letta come riverbero, questa solitudine, nello specchio degli occhi lucidi di Pietro che mi raccontava del tradimento, del rinnegamento, della paura di quella notte nel giardino. Le mie parole e il silenzio del Cristo: voce della stessa solitudine di fronte all’abbandono degli amici.

Già, mai avrei immaginato… Eppure, proprio il tormento delle catene intorno ai polsi è stato volo di libertà nelle latitudini dell’amore.

I nodi della sua verità hanno sciolto le mie resistenze, i vincoli del suo amore hanno liberato le mie chiusure.

La carità ha preso fuoco in me, paziente e benigna (1Cor 13), bruciando i lacci troppo stretti di una legge vissuta come obbligo e precetto, perfezione insoddisfatta nel respiro corto e angusto di una giustizia soffocata da sospetto e da condanna (Rm 7,6). Ho sentito sciogliersi e ricomporsi in me un paradosso: sono stato conquistato da Gesù Cristo (Fil 3,12) e in lui ho trovato la libertà dei figli (Gal 4,7). La mia vita afferrata dalla sua parola (At 9,1-19) si è protesa nei viaggi più lontani e la mia libertà acquistata dal suo sangue si è messa a servizio della carità (Gal 5,13). Anche il carcere e le catene (Col 4,3), apparente ostacolo, sono grazia e dono perché nella mia debolezza si manifesta la sua potenza (2Cor 12,9) e la mia schiavitù rende il Vangelo ancora più eloquente. Queste catene che porto per Cristo sono a vantaggio del Vangelo (Fil 1,12-14) e la Parola è annunciata dai fratelli con maggior zelo e senza timore alcuno. Io soffro fino a portare le catene, ma la parola di Dio non è incatenata! (2 Tim 2,9)

Ora so che lo Spirito in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni (At 20,23). Lo reputo un vantaggio, purché sia annunciato il Vangelo (1Cor 9,23) fino a quando, terminata la corsa, verrà il momento di sciogliere le vele (2Tim 4,6) e il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno (2Tim 4,18). Sono Paolo, prigioniero di Cristo.

(L’autrice è monaca di clausura tra le clarisse del monastero di Santa Chiara, Milano)

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