Rientro da Damietta (città egiziana situata all’altezza di Alessandria ma sul versante opposto del delta del Nilo). Damietta è una capitale! Capitale sconosciuta del dialogo tra cristiani e musulmani. Con altri membri della famiglia francescana vi ho ravvivato il ricordo dell’incontro di san Francesco con il sultano d’Egitto.
Dal 1218 al 1221, la città fortificata fu cinta d’assedio e poi occupata, per un certo periodo, dai Franchi. L’intento iniziale era di scambiare quella porta d’accesso all’Egitto con Gerusalemme, ma il cardinal Pelagio, legato pontificio, accarezzò l’idea di distruggere l’islam prendendo il Cairo. L’armata cristiana fu rapidamente arrestata, si impantanò nella pianura dai molti canali e dovette capitolare per evitare l’annegamento.
Nel corso di questa crociata – la quinta – nel 1219 Francesco d’Assisi e un compagno approfittarono di una tregua per oltrepassare le linee e trovarsi al cospetto del sultano Malek al-Kâmel. Con sorpresa dei cristiani e fors’anche dei musulmani, l’incontro ebbe tanto successo che il re dei saraceni, si dice, avrebbe voluto tenere il monaco presso di sé.
Per la Chiesa del tempo, quest’episodio della vita del santo rappresentava uno scacco giacché il grande Francesco d’Assisi non aveva convertito il sultano e neppure ottenuto la gloria del martirio. Non era tuttavia un vero scacco per lui, che tornato ad Assisi portò a termine la redazione della sua Regola spingendo i discepoli ad andare a vivere tra i musulmani, nell’umile testimonianza della vita cristiana.
Il 5 giugno 1248 san Luigi si presenta a sua volta davanti a Damietta. Dopo averla conquistata, deve correre in soccorso di suo fratello che s’è avventurato sulla via per Il Cairo. Il principe viene ucciso e il re di Francia cade nelle mani del figlio di al-Kamel, meno cortese di suo padre. Nel frattempo la regina partorisce a Damietta un bimbo che chiama Tristano. E triste è il suo destino perché ventun anni più tardi a Tunisi, la peste se lo porterà via come suo padre, durante l’ottava ed ultima grande crociata.
Nel 2009 non si tratta certo di ritrovare l’accampamento del sultano in cui ebbe luogo, probabilmente, l’incontro tra Francesco e al-Kamel, ma semmai di visitare l’antica chiesa-moschea utilizzata per una quindicina di secoli e che dunque lo stesso Francesco ha potuto vedere. In quell’edificio s’è pregato fino alla fine della seconda guerra mondiale, mi diceva un anziano durante la mia prima visita nel 1984. In quell’anno si costruì una moschea nuova lasciando deperire l’antica a poco a poco. Nel 1984 si poteva ancora prevederne un restauro, oggi siamo al termine di una (vera e propria) ricostruzione.
Due anni fa, con mons. Michael Louis Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto, avevamo auspicato, davanti a un alto responsabile del cantiere, forse l’architetto, che non si trascurassero gli elementi cristiani. Costui ci garantì che tutto sarebbe stato ricostruito in modo identico.
Stavolta i muri della moschea sembravano ultimati. La riapertura non dovrebbe tardare. Simbolo di invasioni e delle trasformazioni di chiese in moschee o di moschee in chiese, lo storico edificio di Damietta potrebbe ugualmente ricordare l’avventura di Francesco e del sultano, così come la preghiera degli uni e degli altri. La preghiera dei secoli musulmani, il battesimo del piccolo Tristano, avvenuto in questo luogo, e la preghiera di san Luigi e di altri cristiani durante le crociate si uniscono al lamento del Cristo presso il Padre suo per i suoi fratelli, capaci di uccidersi a vicenda ma non di vivere in pace.
I francescani egiziani si preparano a tornare a Damietta con una fraternità. Contribuiranno così a fare di questa città un luogo di preghiera, nell’attesa ch’essa torni ad essere per tutti una capitale dell’incontro. Se Dio vuole!