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Divisi da un rosario

16/11/2009  |  Milano
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Divisi da un rosario
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Uzak Ihtimal - Wrong Rosary («Il rosario sbagliato»), opera prima del giovane regista turco Mahmut Fazil Coskun, presentata in anteprima nazionale il 10 novembre scorso al MedFilm Festival di Roma. La storia è ambientata a Istanbul, dove Musa è appena arrivato come muezzin al primo incarico in moschea. Clara è la sua vicina di casa, infermiera, cattolica. Tra i due nasce un'amicizia intrisa di timidezza e silenzi. Un'intesa faticosa ma, alla fine, senza speranza. 


Musa si è innamorato di Clara, Clara si sente attratta da Musa. Si assomigliano: timidi al limite della taciturnità, semplici nello stile di vita. Soprattutto, entrambi credenti e devoti. Tanto che in tasca portano tutti e due una corona del rosario (e a un certo punto il ragazzo si troverà per sbaglio a usare quello della ragazza). Solo che il rosario di Clara ha una cinquantina di grani e un crocifisso pendente, mentre quello di Musa di grani ne ha novantanove, uno per ogni nome di Allah.

Musa e Clara sono i due protagonisti di Uzak Ihtimal – Wrong Rosary («Il rosario sbagliato»), opera prima del giovane regista turco Mahmut Fazil Coskun, presentata in anteprima nazionale il 10 novembre scorso al MedFilm Festival di Roma, per il quale è anche in concorso. La storia è ambientata a Istanbul, dove Musa è appena arrivato come muezzin al primo incarico in moschea. Clara è la sua vicina di casa, infermiera, cattolica, addirittura nata in chiesa in una situazione drammatica nella quale la madre muore di parto, tanto che sarà allevata da una comunità di suore. Tra i due, un’intesa faticosa e silenziosa, e l’amicizia comune di Yakup, anziano libraio con un segreto da rivelare.

Wrong Rosary, che quest’anno ha già vinto l’International Film Festival di Rotterdam, è un film onesto, che sfugge abilmente tutti i possibili (patetici) risvolti scontati di una storia d’amore tra un musulmano e una cristiana. «Potresti sempre convertirla all’islam», dice a un certo punto a Musa un amico, ma il muezzin non prende nemmeno in considerazione l’evenienza. Così come sono lontanissime improbabili soluzioni sincretiche. Insomma: la fede e la cultura dei due protagonisti sono raccontate con rispetto e, insieme ai caratteri e alle situazioni di vita, contribuiscono alla costruzione di una vicenda avvincente nel suo rivelarsi, passo dopo passo, senza speranza.

«La cosa che mi interessava di più – ci spiega Coskun, intervenuto all’anteprima – era di raccontare proprio questo: una storia senza via d’uscita. Nel film la religione è importante, ma non è motivo di scontro o di incomprensione fra i protagonisti, anzi. Solo che a un certo punto dovranno fare i conti con la propria scelta di vita». Il tutto sullo sfondo di una Istanbul semplice, a tratti fatiscente, e sacra insieme, a prescindere dal culto che, di volta in volta, esprime questa sacralità. «Istanbul è la mia città, è stata una scelta naturale – continua il regista – ma resta di sfondo: al suo posto ci sarebbe potuta essere qualunque altre città, europea o mediorientale, multireligiosa».

«Wrong Rosary è un film che abbiamo amato molto e che abbiamo fortemente voluto in concorso», ha detto, introducendo la proiezione, la direttrice del MedFilm Festival Ginella Vocca. Il film di Coskun si inserisce in un’edizione molto ricca di questa rassegna dedicata al cinema dei Paesi del Mediterraneo, giunta alla quindicesima edizione e diventata un appuntamento ormai classico per il cinema impegnato nel dialogo interculturale. Quest’anno (la rassegna si è chiusa domenica 15 novembre) il cartellone ha offerto 132 film tra lungometraggi, cortometraggi e documentari arrivati da 36 Paesi, 11 pellicole nel concorso principale (di cui 5 opere prime) e 24 anteprime nazionali. Un risultato di cui la Vocca è decisamente soddisfatta: «Il cinema può favorire il dialogo interculturale a più livelli e in modo straordinario. Sono 15 anni che lavoriamo in questa direzione e, nonostante tutto, abbiamo un futuro luminoso davanti».

Alla chiusura del festival romano, Wrong Rosary ha vinto il Premio per l’espressione artistica «per il controllo del linguaggio cinematografico e la grazia delle immagini e del soggetto».

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