La prima preghiera: adorazione e benedizione
Gli inizi della vita di penitenza di san Francesco sono individuati, nel Testamento, nel suo intenso incontro con l’umanità ferita. Tuttavia vi è precisato che tale incontro non è stato né una scelta personale né una casualità, bensì un dono del Signore, il «solo buono» (cfr Lc 18,19), ed esso è stato il primo di una serie di doni che hanno costituito in Francesco il solido fondamento dei suoi rapporti di fraternità. Dopo aver dunque aperto il Testamento menzionando l’abbraccio del lebbroso, Francesco prosegue con il richiamo del secondo dono del Signore. In questo modo, la direzione del suo sguardo si sposta dall’«orizzontale» dell’umanità al «verticale» della lode: «E il Signore mi diede tale fede nelle chiese che così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero, e ti benediciamo, perché per la tua santa croce hai redento il mondo» (Testamento 4-5 /FF 111).
Nella preghiera riportata possiamo facilmente riconoscere la ripresa di un testo tradizionale, ben conosciuto all’epoca per il suo uso nella liturgia del Venerdì Santo e nelle feste dell’Esaltazione (14 settembre) e del ritrovamento della Santa Croce (5 maggio): «Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo, perché per la tua croce hai redento il mondo». Tale preghiera era conosciuta e raccomandata già nel VI secolo da papa Gregorio Magno. In questo testo però Francesco inserisce un’aggiunta significativa: anche (cioè qui e) in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero. È un forte allargamento spaziale, motivato dalla consapevolezza che la presenza del Signore nel segno della croce (e nel sacramento dell’eucaristia) non è limitata al luogo in cui Francesco si trova in quel momento, ma avvolge il mondo intero.
Se l’adorazione e la benedizione hanno in sé stesse una dimensione verticale, senza escludere uno sguardo orizzontale, analogamente e al suo contrario, avviene con l’abbraccio al lebbroso. Nel ricordare il secondo dono fondante la sua vita di penitenza, in qualche modo Francesco ripensa i tempi in cui a San Damiano pregava dicendo: «Altissimo, glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio. Et dame fede dricta, sperança certa e caritade perfecta, senno e conoscemento, Signore, che faça lo tuo santo e verace comandamento» (Preghiera davanti al crocifisso). Tra i tanti punti che differenziano le due preghiere alla croce, si nota nella seconda il soggetto singolare dell’orante Francesco che domanda, mentre nella prima riportata nel Testamento il soggetto plurale è «noi» che adoriamo e benediciamo. A San Damiano infatti Francesco era un solitario, cioè non aveva ancora ricevuto «il dono dei fratelli» (Testamento 14 /FF 116), con i quali avrebbe imparato e condiviso il respiro della fraternità ecclesiale. Adorazione e benedizione: questo dunque è il genere della preghiera. Negli Scritti del Santo il concetto di adorazione e di benedizione è assai frequente (23 volte il primo, ben 82 volte il secondo).
Se cerchiamo le ricorrenze di concetti analoghi, notiamo per esempio che lodare compare 69 volte; esaltare 13; rendere grazie 11, ecc. Questo elenco statistico (ma considerato insieme ad altri dati che qui omettiamo) è sufficiente per ottenere una prima idea della preghiera di Francesco: essa è essenzialmente segnata dall’ammirazione di Dio, il quale è «ogni bene, sommo bene, tutto il bene» (Lodi per ogni ora /FF 265), e alla riconoscenza per l’opera della creazione, dell’incarnazione e della redenzione (cfr Regola non bollata, XXIII /FF 63-71). Le biografie antiche raccontano che questa preghiera fu insegnata dal Santo ai suoi compagni, che la fecero propria. I frati gli chiesero con insistenza che insegnasse loro a pregare, perché, comportandosi con semplicità di spirito, non conoscevano ancora l’ufficio liturgico. Ed egli rispose: «Quando pregate, dite: Padre nostro! e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo e Ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo». E questo gli stessi discepoli del pio maestro si impegnavano ad osservare con ogni diligenza” (FF 399; FF 1441; FF 1068). E tale osservanza i frati hanno compiuto nel tempo, fino ai nostri giorni.