Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Made in Hamaswood

Giorgio Bernardelli
3 maggio 2010
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile
Made in Hamaswood

Ha suscitato sdegno il cartone animato sulla sorte di Gilad Shalit, diffuso in Internet da Hamas. Al punto che uno dei leader del movimento islamista palestinese ha sostenuto che quella non è la linea ufficiale. Ma il video è un'ottima occasione per uno sguardo disincantato a quanto succede nella Striscia di Gaza.


(Milano) – Ha suscitato sdegno nei giorni scorsi il macabro video d’animazione sulla sorte del soldato israeliano Gilad Shalit. Al punto che uno dei leader politici di Hamas, Mahmoud Az-Zahhar, ha sostenuto che quella non è la linea ufficiale del movimento. Ma il video è comunque un’ottima occasione per guardare in maniera meno disincantata a quanto succede nella Striscia.

Una cosa intanto è certa: quel video è vergognoso. Si può discutere all’infinito sulla trattativa per il rilascio del caporale rapito ormai quasi quattro anni fa. Può essere legittimo anche sostenere che è una grossa semplificazione considerare tutti i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane come terroristi. Ma diffondere immagini come quelle che abbiamo visto rilanciate dalle tivù di tutto il mondo è un vero e proprio atto di terrorismo mediatico.

Chi c’è dietro a quel video? È molto interessante il commento pubblicato sul suo blog da Paola Caridi, grande conoscitrice di tutto ciò che ruota intorno ad Hamas. Lei sostiene che si tratta di un segnale interno: in questo modo l’ala militare del movimento sta provando a forzare la mano sull’ala politica. Sono distinzioni che possono far sorridere chi vede nell’islamismo un blocco monolitico. Ma la realtà a Gaza è più complessa e non è la prima volta che – dentro Hamas – emergono posizioni tra loro molto diverse.

Fin qui l’analisi politica. Personalmente, però, credo che questo video offra l’opportunità anche per un altro paio di valutazioni. La prima è ancora una volta sul ruolo dei media in questo conflitto. Guardando l’animazione quello che mi ha colpito è la qualità tecnica del filmato: questo non è un video tipo quelli di al Qaeda, montati alla bell’e meglio chissà dove. Dietro a un prodotto del genere  c’è una squadra di disegnatori, programmi informatici per l’elaborazione delle immagini in 3D, settimane di lavorazione. Fate caso anche solo al dettaglio dei manifesti che appaiono sullo sfondo con prima Ehud Olmert, poi Tzipi Livni, poi Benjamin Netanyahu e infine il leader di domani in Israele, tutti lì a promettere con i loro slogan che riporteranno a casa Gilad Shalit. Sono tutte cose che non si improvvisano. Per questo sono andato a riprendere in mano un articolo uscito un anno fa su Foreign Policy e che parlava di Hamaswood, la Hollywood di Hamas cioè il centro di produzione televisiva che stava nascendo nella Striscia. È uno sforzo che serviva a produrre questo tipo di armi. Quel video dice le contraddizioni di Gaza: fazzoletto di terra che conosciamo tutti per la sofferenza della popolazione civile, per il blocco che fa entrare i beni di prima necessità col contagocce, per le auto costrette a utilizzare per combustibile l’olio di colza perché non c’è la benzina. Ma è anche un posto in grado di mandare in rete un video politico di animazione in 3D che sembra uscito dagli studi della Pixar.

Questo dovrebbe suggerirci di andare oltre i riflessi condizionati sulla questione Gaza. Perché io sono il primo a dire che il blocco imposto da Israele è sbagliato, inutile e inumano. Ma una vicenda del genere mostra molto bene come non possa essere considerato l’unica causa dei problemi nella Striscia. C’è una vicenda agghiacciante di cui parla oggi una fonte non certo filo-israeliana come l’agenzia palestinese Maan. È il racconto di quanto accaduto a una donna di Gaza: si è allontanata per qualche settimana da casa sua per assistere il padre malato che si trovava all’ospedale. Sempre nella Striscia – ovviamente – dato che i palestinesi non possono uscire da questi 360 chilometri quadrati. Quando è tornata ha trovato casa sua requisita: adesso vi abita un alto funzionario della Polizia di Gaza. La donna si è rivolta a un avvocato, tutti le danno ragione, dicono che una cosa del genere è incompatibile con la sharia. Però l’udienza in Tribunale della sua causa contro il ministero degli Interni è stata rinviata al 5 settembre. Mi piacerebbe tanto sapere che cosa ne pensano di questa storia i movimenti che si riconoscono nello slogan Free Gaza.

Clicca qui per vedere su YouTube il video su Gilad Shalit

Clicca qui per leggere l’articolo di Paola Caridi

Clicca qui per leggere l’articolo di Foreign Policy

Clicca qui per leggere la notizia di Maan sul caso della famiglia Aweida

La voce di un silenzio sottile
Johannes Maria Schwarz

La voce di un silenzio sottile

Un cercatore di Dio racconta
Il giardino segreto
Roberta Russo

Il giardino segreto

L’Albero del Natale e gli altri simboli della tradizione
David Maria Turoldo
Mario Lancisi

David Maria Turoldo

Vita di un poeta ribelle