Scegliere tra scuola e lavoro. È questa l’alternativa davanti a cui si trovano i figli dei rifugiati iracheni in Siria. Per tanti di loro è sempre più difficile contribuire al bilancio familiare restando al passo con le lezioni. Così, ogni anno, aumentano coloro che abbandonano lo studio per dedicarsi a un’occupazione, spesso sottopagata.
(Milano) – Scegliere tra scuola e lavoro. È questa l’alternativa davanti a cui si trovano i figli dei rifugiati iracheni in Siria. Per tanti di loro è sempre più difficile contribuire al bilancio familiare restando al passo con le lezioni. Così, ogni anno, cresce il numero di quanti abbandonano lo studio per dedicarsi a un’occupazione, spesso sottopagata. Una scelta che incide sul futuro di un’intera generazione, già traumatizzata dalla guerra e sradicata dalla propria terra d’origine.
Secondo l’Unicef negli ultimi tre anni il numero dei figli di rifugiati iracheni che ha abbandonato la scuola è cresciuto in modo regolare. Basti pensare che nell’anno scolastico 2007-2008 erano iscritti in 49.132 mentre solo nel 2008-2009 si è scesi a 32.425 unità. E quest’anno si diminuirà ancora: 30 per cento in meno di iscritti, sostiene l’associazione internazionale rifugiati. Secondo gli operatori del settore sono più i maschi ad abbandonare i banchi di scuola, come dimostra la storia di Hussein Ali, 16 anni, addetto alle pulizie di un albergo. «Siamo grati al contributo in denaro fornitoci dall’Acnur, ma non è abbastanza», dice il padre del ragazzo, impossibilitato a lavorare a causa di un grave handicap.
«L’educazione è centrale per il futuro di tutti i bambini. Avere una generazione che non è in grado di partecipare alla vita economica del proprio Paese non serve a nessuno» spiega Sherazade Boualia, responsabile dell’Unicef in Siria. Il Paese ospita circa un milione e 200 mila iracheni scappati fin dal 2003 dalle violenze della guerra. Pur avendo accesso al sistema scolastico siriano, molti sono costretti a rinunciarvi. A Damasco, dove vive la maggior parte dei rifugiati, le scuole sono al limite. C’è poi chi abita troppo lontano e chi non può permettersi nemmeno il contributo simbolico richiesto dalle autorità. La situazione economica in cui versano i rifugiati è sempre più critica visto che sia le rimesse sia i risparmi si stanno prosciugando. Secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia i più giovani lavorano per dare un contributo extra in casa. Per legge infatti i rifugiati hanno bisogno di un’autorizzazione speciale per trovare un’occupazione e al fiorente mercato del lavoro nero un adulto non guadagna più di 2 dollari al giorno. Alle difficoltà economiche si legano quelle psicologiche dovute a traumi o a problemi di adattamento.
Per frenare l’abbandono scolastico l’Unicef ha stanziato 6 milioni di dollari. Il progetto prevede la costruzione di strutture per le scuole dove è più alto il numero dei rifugiati, classi di recupero per chi è rimasto indietro e corsi serali per chi lavora. Agli insegnanti poi verrà data una formazione particolare sui bisogni psicologici e sociali dei ragazzi in modo da aiutarli ad affrontare i problemi all’interno della famiglia.