(Milano/g.s.) – Il governo dell’Arabia Saudita dà il via a un programma per «rieducare» i predicatori nelle moschee – avvezzi per decenni a pronunciare discorsi dai toni accesi – e sradicare ogni discorso estremista dai luoghi di preghiera.
Già questa settimana, riferisce David E. Miller su The Media Line, è prevista nella capitale Riyadh e nelle province vicine la prima lezione, promossa dal ministero per gli Affari islamici con un titolo eloquente: «Il sermone del venerdì e la sua importanza nel diffondere moderazione e sicurezza intellettuale».
Il programma non rappresenta una novità assoluta. Già da otto anni il governo saudita si occupa dell’educazione civica del personale delle moschee (predicatori, imam e muezzìn). La campagna ha registrato un salto di qualità nel 2004-2005 e secondo osservatori occidentali – come il professor Gared Nonneman, dell’università di Exeter, in Gran Bretagna – i risultati si sono già visti. La svolta si deve soprattutto alla politica di re Abdallah Bin Abdulaziz Al Saud, asceso al trono nel 2005, che concepisce un islam dialogante, e non fieramente antagonista, rispetto alle altre religioni.
A motivare questo approccio vi sono però anche ragioni di ordine pubblico. Lo stesso territorio saudita, infatti, negli ultimi anni è diventato teatro di attacchi terroristici orditi da musulmani estremisti. Alcuni sono andati a segno, molti altri sono stati sventati: 230 secondo il ministro dell’Interno, il principe Nayef bin Abdulaziz Al-Saud, che nel fornire la cifra, il 26 settembre scorso, non ha però precisato a quale arco di tempo si riferisca.