La Bretagna, d’estate, si popola di diverse feste legate alla religiosità popolare. Si è soliti dare a queste celebrazioni tradizionali l’appellativo di Pardons (Perdoni): anche il piccolo villaggio di Sept Saints ha il suo. Non si tratta di commemorare un santo locale, ma curiosamente di rievocare i sette santi dormienti di Efeso, martiri (probabilmente) la cui storia si confonde con la leggenda: si sarebbero risvegliati due o trecento anni dopo la loro sepoltura. Alla nascita dell’islam, la loro storia veniva raccontata tanto lungo le strade d’Arabia quanto in terra cristiana. Essi erano considerati come prova della fede nella resurrezione dei corpi.
Da circa mezzo secolo il Pardon di Sept Saints coinvolge sia cristiani sia musulmani e di fronte alla crescente notorietà i presidenti (del Pardon, ndr) sono vescovi provenienti anche da lontano. Quest’anno è stata la volta di mons. Vincent Louis Marie Landel, arcivescovo di Rabat (Marocco).
Ma cosa ci fanno dei musulmani in una celebrazione cattolica, lontana dalle terre d’islam? E cosa ci fanno in Bretagna i sette dormienti di Efeso?
Narra un’antica leggenda che alcuni monaci greci, che si trovavano al seguito di un gruppo di marinai diretti in Gran Bretagna, di quando in quando erano soliti fare tappa sulla costa settentrionale della Bretagna e si inoltravano nell’entroterra portando con sé i santi cui erano più devoti: in questo modo avrebbero colpito il sentimento religioso dei cristiani locali. Questo culto sarebbe probabilmente rimasto circoscritto a uno sperduto villaggio se Louis Massignon non fosse passato di qui. Dire «passato» forse è troppo poco, dato che la sua famiglia possedeva una casa a qualche decina di chilometri, a Pordic, dove fu sepolto nel 1962.
Facendo il collegamento tra la Casa della Vergine, il santuario dei sette dormienti in Turchia e quello nell’ovest della Francia da un lato, e il ruolo di Maria e deisette dormienti nel Corano dall’altro, il grande islamologo intravide la possibilità di un gesto profetico nel momento in cui la guerra d’Algeria alimentava un odio feroce tra credenti di fedi diverse. Ebbe quindi l’idea di fare venire da Parigi alcuni dei suoi amici e studenti musulmani. E fu così che Sept Saints divenne un luogo d’incontro e dialogo.
Da una decina d’anni e più, il raduno comincia con un incontro il sabato pomeriggio, da poco aperto anche ai non credenti, con incontri su temi della cultura e del dialogo tra le religioni.
Le omelie dell’Eucarestia del sabato sera e della domenica sono rivolte ai cristiani e ai musulmani presenti. Mons. Landel ha offerto una testimonianza sulla realtà della Chiesa del Marocco, che vive una situazione che assomiglia a quella di tutte le Chiese in terra musulmana, con le sue gioie e le sue difficoltà. Dopo la Messa, intonando un canto bretone che racconta la storia dei sette dormienti come la si legge nella liturgia della Chiesa siriaca o nel Corano, ci siamo recati a una sorgente da cui l’acqua sgorga attraverso sette fori scavati in una grossa pietra. Vicino ai musulmani, i vescovi e sacerdoti presenti erano in prima fila per ascoltare una parte della Sura 18 del Corano, che evoca i «Compagni della Caverna». Una donna ha cominciato la lettura in arabo, un uomo ha proseguito in francese. Il miracolo della comunione si dava non nell’oblio delle reciproche differenze, ma nell’approfondimento delle rispettive fedi. Questo grande momento è stato seguito dal pranzo in comune: un grande cuscus preparato dagli abitanti del villaggio!
Avrei voluto partecipare all’incontro informale tra cristiani e musulmani nel pomeriggio, ma la partenza del mio treno si avvicinava. Ho portato tutto questo nel mio cuore, e qualche ora più tardi ne parlavo alle suore carmelitane di Laval, prima di fare i bagagli per tornare a Istanbul.
(traduzione di Roberto Orlandi)