C’è una parola che ricorre spesso nella liturgia francesce. La parola è débordant, e ritorna sempre per indicare l’opera di Dio, e sta lí a indicare tutto ciò che è esagerato, traboccante, che sa un po’ di follia.
Già tutta la creazione porta in sé il segno di questo Suo «debordare», di quella gratuità che crea e che dona senza calcoli, senza paura, senza chiedere nulla: dai fiori alla bellezza, al tempo, alla libertà dell’uomo, tutto è segno di un Dio débordant. Se poi si legge anche solo velocemente il Vangelo di Giovanni, uno non ha più dubbi: dall’inizio, quando il Verbo era presso Dio e venne ad abitare in mezzo a noi, e poi a Cana, al pozzo di Giacobbe… il debordare di Dio percorre tutto il Vangelo, fino ad esplodere sulla Croce, dove la sorgente si apre completamente, e si dona tutta. Débordant è dunque una parola chiave per affacciarsi al mistero di Dio.
Non solo: lo è anche per entrare nel mistero di Gerusalemme, perché quando la Vita di Dio ha «debordato», e i cieli non bastavano più per contenere tutto l’Amore Suo, è successo che sia arrivato proprio quí. Ha abitato qui. Non si sa perché, e non bisogna necessariamente capirlo: il debordare segue le misteriose leggi dell’amore, quelle che scelgono il piú piccolo, quelle che percorrono le vie strette, quelle che amano i paradossi, quelle che non fuggono la sofferenza.
Da quel giorno in cui «l’eccesso di Dio» ha toccato e infiammato questa Terra, essa porta il segno di questo eccesso, per cui davvero tutto sembra essere troppo: emozioni, colori, passioni, idee, attaccamenti, lotte, lingue, razze, culture… Tutto è débordant a Gerusalemme. Ci sono tutti i popoli, tutte le religioni, tutte le confessioni cristiane, tutti gli ordini religiosi. Un eccesso di vita.
Ma, forse proprio per questo, a Gerusalemme c’è anche un eccesso di fatica: lo si sente non appena ci si avvicina alla città santa, lo si respira nell’aria, lo si vede nel terreno arido e roccioso, e sui volti della gente. Già per Dio era stato cosí: quando il suo eccesso ha incontrato il rifiuto, si è fatto umile consegna di Sé, fino alla morte. L’uomo non gli ha fatto sconti. Una sofferenza eccessiva per un amore eccessivo, il cui frutto è la vita in abbondanza.
Forse è proprio questo che attira così tanta gente a Gerusalemme; è per questo che Gerusalemme regala, anche a chi viene solo per qualche giorno, in pellegrinaggio, un fascino unico: per questo intreccio misterioso di vita e di sofferenza, per questo eccesso che parla della vita, che è la vita. Che è Dio.
Infine débordant è anche una parola chiave per entrare nel mistero della nostra vita di clarisse a Gerusalemme: quando qualcuno ci chiede perché siamo qui, perché abbiamo lasciato i nostri Paesi per vivere in una comunità internazionale, in un Paese straniero, non c’è altra ragione se non questo débordant. Ancora una volta, basta leggere il Vangelo: chi, in qualsiasi modo, entra in contatto con la salvezza del Signore, è come travolto dal suo scorrere impetuoso, ne è come contagiato. Da Zaccheo a Maria di Betania ai discepoli che hanno incontrato il Risorto…
Anche noi siamo qui semplicemente perché quando la vita deborda e non la si può contenere. E anche noi facciamo esperienza di tutte le sfumature di questa parola, di tutti i suoi significati, e di quel misterioso intreccio fra una grande fatica e una grande grazia. Anche noi, come ogni pellegrino che giunge qui, portiamo nel cuore quella nostalgia, che il nostro eccesso assomigli sempre più a quello che muove il cuore di Dio.
(* L’autrice è claustrale nel monastero delle clarisse a Gerusalemme)