Anche nelle tenebre del Male brilla una luce di scintilla divina. Non c’è una separazione completa degli ambiti, nella quale il Male sussiste allo stato puro, in se stesso, e il Bene gli si contrappone in modo univoco. Essi sono piuttosto intrecciati l’uno nell’altro… La dottrina morale della Qabbalah più tardiva insiste particolarmente sulla possibilità di “recupero” di tutte le azioni nella sfera del bene. Niente è così abietto che non possa, a partire dalla scintilla del divino che pur vi si trova, essere ricondotto a buon fine…». In questo modo lo studioso Gershom Scholem (Berlino 1897 – Gerusalemme 1982) spiega la concezione del Bene e del Male contenuta nella qabbalah, la mistica ebraica. Le parole sono tratte dal volume appena pubblicato in Italia La figura mistica della divinità – Studi sui concetti fondamentali della Qabbalah a cura di Saverio Campanini per Adelphi, che riunisce saggi estrapolati da conferenze tenute dall’autore durante alcuni dei celebri Colloqui di Eranos ad Ascona nel periodo a cavallo tra il 1952 e il 1961.
In tali occasioni, e godendo di un pubblico assai esperto, Scholem volle presentare gli sviluppi storici e i dubbi fondamentali delle sue ricerche relative ai diversi aspetti della qabbalah seguendo il metodo dialettico del misticismo ebraico. Nel volume in questione, l’autore ci prende per mano e ci guida nella foresta delle immagini e del pensiero qabbalistici, per i quali il male è una creazione progettata da Dio, è il nulla, ciò che sta al confine dell’essere; in questo modo il pensiero qabbalistico avrebbe «rottamato» il dualismo platonico di Forma e Sostanza riunendo i principi antagonistici nel principio di unità del monoteismo. L’idea che Dio «fa il bene e crea il male» ha un suo preciso riferimento nella profezia di Isaia (Is 45,7), ed è fondamentale nella tradizione ebraica che, fin dai tempi biblici, ha sempre evitato qualsiasi forma di dualismo. Ma se il male viene ricondotto a Dio, è proprio la mistica a ricordare che, in virtù delle scintille divine presenti nell’essere umano, ogni volta che l’uomo compie il bene riscatta il male della storia e, in qualche modo, «redime» Dio. Può sembrare audace, ma è assolutamente in linea con le dinamiche dell’Alleanza dove Dio e l’uomo sono partner.
È quanto ci ricorda tutta l’opera di Scholem, che si è trasferito in Palestina fin dai tempi della Repubblica di Weimar nel 1923, ha studiato il Talmud con un rabbino ortodosso ma si è sentito attratto anche dal sionismo laico e socialista; è divenuto capo del Dipartimento di Ebraico della Biblioteca nazionale ebraica e nel 1933 ha ottenuto la prima cattedra di misticismo ebraico all’Università ebraica di Gerusalemme dove, nel 1956, gli fu conferito il titolo di Professor Emeritus; dopo la nascita dello Stato di Israele è divenuto presidente dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Egli ha delineato una sorta di enciclopedia qabbalistica e ha sempre sostenuto che le caratteristiche specifiche della qabbalah hanno avuto un ruolo centrale nella costruzione del profilo storico dell’ebraismo; il suo linguaggio – sviluppato con metodo filologico e critico – riuscì ad essere sostenuto anche dal mondo rabbinico che seguiva le sue ricerche. La sua ricostruzione storico-filologica è ancora oggi una pietra miliare per le vicende della mistica ebraica e rappresenta l’ambito di confronto più serio a cui ogni esperto voglia proporre le proprie o altrui tesi.