Come ogni anno, la municipalità di Gerusalemme, in occasione della cosiddetta «riunificazione» della città avvenuta durante la guerra dei Sei Giorni del giugno 1967, pubblica una fotografia di quella che è, a tutt’oggi, la città più popolosa d’Israele (789 mila abitanti). Il 64 per cento dei gerosolimitani è ebreo e il 36 per cento arabo.
(Milano/g.c.) – Come ogni anno, la municipalità di Gerusalemme, in occasione della cosiddetta «riunificazione» della città avvenuta durante la guerra dei Sei Giorni del giugno 1967 (dal 1948 la parte orientale e il centro storico erano sotto amministrazione giordana), ha offerto una fotografia, sotto il profilo demografico, di quella che è, a tutt’oggi, la città più popolosa d’Israele (789 mila abitanti).
Tra i dati spicca innanzitutto quello relativo alla composizione della popolazione: il 64 per cento dei gerosolimitani è ebreo e il 36 per cento arabo. Interessante, tra la componente ebraica, l’inclinazione religiosa, che ne fa oggettivamente la città meno laica d’Israele: il 31 per cento si dichiara infatti «tradizionalista», il 29 per cento ultra-ortodosso, il 20 per cento semplicemente religioso. Solo un abitante su cinque si dice laico e non osservante.
Legata a questa forte componente dell’ebraismo ortodosso c’è anche una crescita demografica significativa (mentre tra gli arabi di Gerusalemme si assiste a un calo delle nascite): la media per ogni donna ebrea è di quattro figli. La maggior parte dei giovani in età scolare (ben il 64 per cento) frequenta una scuola ultra-ortodossa.
Tra le note dolenti, anche tra la componente ebraica, quella dell’emigrazione. Nel 2010 hanno lasciato Gerusalemme oltre 18 mila persone, di cui 14 mila al di sotto dei 35 anni. La ragione? Mancanza di case a prezzi ragionevoli e soprattutto carenza di lavoro. Un dato che stride con la crescita del settore turistico (2 milioni e 788 mila visitatori nel 2010) e con il fiorire di una miriade di piccole e medie imprese (più 30 per cento rispetto al 2009).