I palestinesi e le Nazioni Unite. L’ambasciata di Israele puntualizza
La rappresentanza diplomatica israeliana presso la Santa Sede ci ha chiesto di replicare ad alcuni contenuti della nostra intervista a Nemer Hammad, consigliere politico del presidente palestinese, pubblicata il 5 luglio scorso. Di seguito riportiamo il testo con i commenti inviatici dall’ambasciata.
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Egregio dottor Caffulli,
ho letto con molta attenzione la sua intervista al Consigliere politico dell’Autorità Palestinese, Nemer Hammad. Mi permetta di commentare alcuni punti storici che mi sembra siano stati dimenticati.
• La risoluzione 181 delle Nazioni Unite, del 29.11.1947, (chiamata piano di partizione) era intesa, tra le altre cose, alla fondazione di uno Stato ebraico che la leadership dell’Autorità Palestinese sino ad ora ha rifiutato di riconoscere come tale.
• La risoluzione 181 fu assolutamente respinta dagli Stati arabi. L’Alto Commissario Arabo per la Palestina annunciò alle N.U., il 09/01/1948, il loro rifiuto. Nella sua lettera dichiarava che la parte Araba era «determinata a persistere nel rigetto della partizione e nel rifiuto di riconoscere la risoluzione Onu a questo riguardo e a tutto ciò che da essa derivasse».
• Un ultimo punto che dovrebbe essere affrontato ha meno a che fare con la storia e più con la logica, vale a dire, come può l’Autorità Palestinese, che il signor Hammad rappresenta, reclamare di riconoscere Israele (seppure non come Stato ebraico) e, nello stesso tempo, entrare in una cooperazione con un’entità come Hamas che non lo fa? Veramente si aspetta che le Nazioni Unite accettino come Stato membro un Paese che rifiuta di riconoscere il diritto di esistere di un altro Stato membro?
Chiara Crocè
assistente ufficio stampa
ambasciata d’Israele presso la Santa Sede