Il modo migliore per aiutarci? Venite in Terra Santa! Abbiamo sentito innumerevoli volte, nelle scorse settimane, durante due brevi soggiorni in Israele e Palestina, questa frase. «Di fronte alle paure che suscitano le turbolenze nel mondo arabo – ha spiegato per esempio il vescovo ausiliare di Gerusalemme mons. William Shomali – dovete dire con forza che la Terra Santa è sicura. E che noi cristiani abbiamo bisogno di non essere abbandonati».
Dall’inizio di gennaio, soprattutto dopo la rivoluzione egiziana, le agenzie hanno ricevuto molte disdette da parte di gruppi di pellegrini, tanto che attualmente siamo al di sotto della media stagionale di presenze. Ma qualche buona notizia inizia ad arrivare: dall’agosto in avanti, sembra stiano riprendendo a pieno regime le prenotazioni.
Nel 2010 il turismo in Israele ha battuto ogni record: 3 milioni e 300 mila visitatori, con un aumento del 23 per cento rispetto al 2009 (che già era stato eccezionale, anche per effetto della visita di Benedetto XVI). Nel primo semestre del 2011 il calo registrato è intorno al 4 per cento. Tra i visitatori della Terra Santa, continuano a detenere il primato i pellegrini cristiani, che costituiscono il 69 per cento del totale.
Un pellegrinaggio in Terra Santa, non dimentichiamolo, oltre a nutrire la nostra spiritualità, è uno strumento per portare concreta solidarietà alle comunità cristiane che vivono in un contesto difficile e a volte ostile. Un’occasione per riandare alle radici della nostra fede e per vedere con i nostri occhi i luoghi dove Gesù Cristo ha camminato e ha annunciato la Buona Notizia.