Sulla difficile situazione dei cristiani in Arabia Saudita, di cui questa rubrica si è occupata più di una volta, non lavora solo la «politica» o la diplomazia internazionale. C’è, infatti, anche una dimensione di solidarietà umana, di sentimento di appartenenza ad una sola Chiesa universale, che tocca le persone più semplici. La storia che raccontiamo è singolare perché nasce da un casuale contatto avuto, grazie ai social network, con Miguel Delgado, che insegna religione al Colegio Saint Francis di Costa Rica, in America Centrale. Miguel ha letto della triste condizione dei cristiani in Arabia Saudita e ne ha discusso a lungo con i suoi studenti. È così nata l’idea di scrivere delle lettere di sostegno a degli anonimi cristiani che vivono in quel Paese. Sappiamo che sono qualche milione e vivono in condizioni di grave difficoltà, senza poter esprimere la loro fede.
Rimaneva però un punto cruciale da risolvere: Come far pervenire queste lettere ai destinatari? Non è certo prudente, come ci hanno poi confermato le autorità ecclesiastiche della regione, affidarle a una persona di passaggio. E nemmeno spedirle per posta a indirizzi precisi. Da qui l’idea di affidare questi messaggi, anche se in forma ridotta, alla presente rubrica. Con la certezza che qualche sagace lettore saprà trovare il modo di trasmetterne il contenuto a chi vive dietro la nuova «cortina di ferro».
Scrive José Daniel: «Mi viene difficile, in questa situazione, dirti “ti capisco”. L’unica cosa che posso dirti con tutta sincerità è “ti ammiro”. Può sembrare strano; io non ti conosco e tu ti trovi in un posto dove io probabilmente non andrò mai a vivere, ma la tua storia di vita ha un impatto tale che trascende ogni confine geografico. Una storia come la tua mi fa capire ciò che è importante nella vita e che certe realtà, anche se sono diventate normali nel nostro contesto, le dobbiamo vivere con tutto la nostra anima prendendo in mano la nostra più grande forza e coraggio, come fai tu. Anche se il silenzio ti limita, nel tuo cuore non ci sono dubbi. Grazie per essere un esempio per me e per molte altre persone».
E Camila: «Ci separa un’enorme distanza, ma ci sono sentimenti che sono più forti di qualsiasi legge che voglia reprimerle. Direi una bugia se ti dicessi di sapere come ci si sente ad essere là, ma ti assicuro che c’è sempre un amico che ti aiuterà, e Lui ti accompagnerà, non importa quanto sia difficile la strada. Ricordati che non si possono punire la gioia, l’amore e le altre virtù che ti identificano. Essere forti non è facile. Sappiamo che la lotta che tu affronti giorno per giorno necessita un sacco di impegno, ma ti assicuro che vale la pena. Non lasciare mai che si spenga l’amore che ti muove tutti i giorni».
Scrive Claudia: «Sono rimasta scioccata nel conoscere la mancanza di libertà religiosa e le conseguenze del dirsi cristiani in questo Paese. Voi non siete soli, cari fratelli, perché Dio è con voi e abita un posto che l’intolleranza non può raggiungere: i vostri cuori. Vi sono grata perché mi avete dimostrato con l’esempio che non ci sono barriere nell’offrire il nostro cuore al Signore».
Un’altra studentessa, Victoria, dice di essere «triste nel constatare che vengono ancora frapposti pregiudizi e difficoltà davanti ai fedeli di alcune religioni, allorché dovremmo, come essere umani, aver superato l’intolleranza e l’ingiustizia».
«Sono consapevole – aggiunge – degli ostacoli affrontati dai cristiani in Arabia Saudita, ma sono sicura che questi ostacoli non hanno privato questo nostri fratelli, né potranno mai privarli, della loro risorsa più grande: la fede. Dio Onnipotente saprà premiare i pazienti».