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Ancora vittime copte in Egitto, mentre l’esodo continua

Terrasanta.net
10 ottobre 2011
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Ancora vittime copte in Egitto, mentre l’esodo continua
Un'istantanea scattata durante gli ultimi scontri al Cairo.

Almeno 24 persone sono rimaste uccise al Cairo nella notte tra il 9 e il 10 ottobre negli scontri tra i copti e la polizia militare. I cristiani copti costituiscono il 10 per cento della popolazione egiziana, ma la loro comunità subisce un'inarrestabile emorragia. Secondo un rapporto reso pubblico giorni fa, da inizio anno sarebbero emigrati in 100 mila.


(Milano/e.p,) – Almeno 24 persone sono rimaste uccise al Cairo nella notte tra il 9 e il 10 ottobre dopo gli scontri tra i cittadini copti e la polizia militare nell’ormai famosa piazza Tahrir.

I testimoni riferiscono che i copti stavano pacificamente manifestando contro l’assalto di un gruppo di musulmani a una chiesa, quando l’esercito ha aperto il fuoco. Un militare avrebbe anche diretto un veicolo blindato contro un gruppo di manifestanti che cantavano inni e innalzavano croci, falciando almeno cinque persone.

I copti che costituiscono il 10 per cento della popolazione egiziana (circa 80 milioni di persone) erano scesi nelle piazze contro le azioni dei radicali musulmani che la scorsa settimana avevano parzialmente distrutto una chiesa nella provincia di Assuan. Con le loro proteste chiedevano anche l’allontanamento del governatore che non aveva assicurato protezione all’edificio sacro.

Le tensioni tra cristiani e musulmani sono aumentate dai giorni della rivolta esplosa nei primi due mesi di quest’anno e conclusasi con la caduta del presidente Hosni Mubarak (costretto a dimettersi l’11 febbraio). Vari attivisti musulmani e cristiani ritengono però che le violenze di domenica non nascano da contrapposizioni di carattere religioso ma dalla cattiva gestione della piazza da parte dell’esercito, secondo quanto riferisce l’agenzia Reuters.

I fatti di domenica giungono pochi giorni dopo la notizia secondo la quale decine di migliaia di cristiani avrebbero lasciato l’Egitto dai giorni della rivolta fino ad oggi. Un rapporto dell’Unione delle organizzazioni egiziane per i diritti umani (Euhro) reso pubblico il 27 settembre parla di almeno 100 mila copti che emigrati negli ultimi mesi. Molti altri avrebbero voluto farlo, ma non sono stati in grado. Il rapporto, inviato al governo egiziano e al Consiglio supremo delle forze armate, avverte che l’emigrazione viene indotta dall’aumento degli attacchi ai cristiani da parte degli islamisti.

«I copti non emigrano per propria scelta», commenta Naguib Gabriel, direttore di Euhro, «ma sono costretti a farlo dalle minacce e intimidazioni dell’ala dura dei salafiti, e dall’assenza di protezione che ottengono dal governo egiziano».

Secondo quanto riferisce sempre il 27 settembre l’agenzia di informazione Aina, la maggioranza dei copti emigra verso gli Stati Uniti, ma parecchi si dirigono anche verso Australia, Canada, Olanda, Italia, Austria, Germania e Francia.

La stessa agenzia riassume i più gravi e recenti incidenti ai danni dei copti: l’assassinio di alcuni giovani nel quartiere cairota del Moqattam (il 3 settembre), l’amputazione di un orecchio a un copto (il 26 marzo), assalti alle chiese (il 3 maggio), l’opposizione all’insediamento del governatore della provincia di Qena perché cristiano (il 5 marzo).

Euhro osserva che l’emigrazione dei cristiani potrebbe rappresentare una minaccia per l’economia nazionale e gli equilibri demografici dell’Egitto.

Secondo il rapporto l’esodo copto è andato intensificandosi dal 19 marzo 2011, con gli ultimi emendamenti costituzionali. È stata ulteriormente esacerbata dall’intensificarsi dell’offensiva salafita ai danni dei copti e dall’intento di dare applicazione alle norme sui reati più gravi (hudud) in base alla legge islamica (sharia) sanzionabili con pene severe come la decapitazione, la lapidazione, la fustigazione o l’amputazione di arti.

«I religiosi salafiti che hanno riconquistato terreno con la rivoluzione del 25 gennaio – spiega Gabriel – si sentono più forti, e incoraggiati a definire i copti come dhimmi, tenuti a pagare la jizya (un tributo versato dai non musulmani) in quanto non sono cittadini a pieno titolo e non possono godere dei diritti di piena cittadinanza o raggiungere posizioni importanti».

Il direttore di Euhro scorge un parallelo con l’emigrazione cristiana dall’Iraq, dalla Palestina e dal Libano. Con i ritmi attuali, dice, un terzo della popolazione copta dell’Egitto se ne sarà andata nel giro di dieci anni.

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