Secondo i dati contenuti nel rapporto 2010 dell’attività delle corti militari israeliane il 99,74 per cento dei processi celebrati all’interno dei Territori Palestinesi occupati si è concluso una condanna. Una volta rinchiusi nelle carceri israeliane, i detenuti palestinesi subiscono sovente non poche restrizioni supplementari.
(Milano/g.c.) – Oltre 9.500 procedimenti penali istruiti presso le corti militari, con 2.016 condanne per terrorismo, 763 condanne per condotta contraria all’ordine pubblico e solo 25 casi di assoluzione. I dati sono contenuti nel rapporto 2010 dell’attività delle corti militari israeliane (pubblicato qualche giorno fa dal quotidiano Ha’aretz) dal quale si deduce come il 99,74 per cento dei processi celebrati all’interno dei Territori Palestinesi occupati abbia avuto come epilogo una condanna.
I tribunali militari, nella particolare situazione del conflitto israelo-palestinese, hanno appunto giurisdizione sul territori militarmente occupati. Per questa ragione a loro competono i procedimenti per reati penali e per questioni di sicurezza (categoria nella quale rientra, in maniera piuttosto larga, la maggior parte dei provvedimenti). Sempre per ragioni di sicurezza, i tribunali hanno il potere di decidere misure di custodia cautelare (reiterabili di sei mesi in sei mesi, senza che venga celebrato il processo). Nel 2010 su 714 richieste di custodia cautelare da parte dei tribunali militari per palestinesi residenti nei Territori, oltre il 98 per cento è stato accordato.
La recente liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano nelle mani di Hamas dal 2006 e liberato il 18 ottobre scorso (grazie ad un accordo che prevede la liberazione di 1.027 prigionieri palestinesi), se da una parte ha sollevato un serrato dibattito all’interno dell’opinione pubblica israeliana sulla scelta del governo di cedere alle richieste di Hamas e di liberare alcuni personaggi che si sono macchiati di atti terroristici, dall’altro ha indubitabilmente richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, circa 6.800.
Paradossalmente proprio la liberazione di Shalit ha determinato un peggioramento nella situazione detentiva dei detenuti palestinesi. La denuncia, rilanciata dall’agenzia Alternative Information Centre, arriva direttamente dalle carceri. Tra le misure d’inasprimento messe in atto, ci sarebbe il divieto di accedere all’istruzione scolastica e di ricevere libri e quotidiani; la riduzione dei canali tivù accessibili e dei prodotti alimentari di base nelle mense; la diminuzione delle visite familiari e dei colloqui coi propri legali; l’obbligo delle catene durante i colloqui; l’inasprimento nell’utilizzo della misura punitiva dell’isolamento.