«Benché molti fattori abbiano contribuito a causare la crisi finanziaria, alle sue radici sta una crisi di valori morali, nella quale il primato del possedere, riflesso in una cultura di avidità, ha oscurato il primato dell’essere». Lo sottolineano i membri della Commissione bilaterale delle delegazioni del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo, riuniti a Roma dal 27 al 29 marzo.
(Milano/g.s.) – «Benché molti fattori abbiano contribuito a causare la crisi finanziaria, alle sue radici sta una crisi di valori morali, nella quale il primato del possedere, riflesso in una cultura di avidità, ha oscurato il primato dell’essere». Lo sottolineano i membri della Commissione bilaterale delle delegazioni del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo, riuniti a Roma dal 27 al 29 marzo scorsi per confrontarsi sul tema Prospettive religiose a proposito dell’attuale crisi finanziaria: considerazioni per un giusto ordine economico.
L’argomento è stato inquadrato dagli interventi di tecnici, come il professor Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), il dottor Meir Tamari, già capo economista della Banca d’Israele, e il professore Stefano Zamagni, del dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Bologna.
Il comunicato emesso al termine dei lavori, e reso pubblico quest’oggi, evidenzia come «al cuore delle visioni ebraica e cattolica per un giusto ordine economico, sta l’affermazione della sovrana provvidenza del Creatore del mondo, dal quale ha origine ogni ricchezza, donata all’umanità per il bene comune».
La prima conseguenza è che «scopo dell’ordine economico è di servire al benessere della società, affermando la dignità umana di tutti, creati a immagine di Dio». Ne deriva «l’obbligo di garantire la soddisfazione di bisogni umani fondamentali, quali la protezione della vita, il sostentamento, il vestito, la casa, la salute, l’educazione e il lavoro».
E qui particolare riguardo, afferma la Commissione bilaterale, va dedicato alla sorte dei deboli (poveri, orfani, vedove, malati e disabili) e degli stranieri (soprattutto i lavoratori migranti): nel trattamento loro riservato si rispecchia la buona o cattiva salute morale di una società.
La comunanza di vedute si estende ad altri punti: «il dono divino della ricchezza» impone a chi lo riceve «un obbligo nei confronti di chi è meno fortunato» e ciò si può applicare tanto agli individui quanto alle nazioni; i beni della terra hanno una «destinazione universale» e vanno quindi utilizzati secondo «una cultura del limite», che implica «un livello di autolimitazione e di modestia, uno spirito di servizio responsabile, un sistema etico di distribuzione di risorse e di priorità, l’importanza determinante dell’onestà, della trasparenza, della gratuità e della responsabilità».
In una fase storica di ristrettezze finanziarie anche angoscianti per molte persone e famiglie, la Commissione suggerisce: «Così come la crisi ha richiesto una parziale remissione di debiti ai livelli nazionale e internazionale, altrettanto occorre fare nei confronti delle famiglie e dei singoli individui, per la loro riabilitazione economica».
In un contesto simile le comunità di fede hanno un ruolo da svolgere: far valere le istanze etiche «presso i governi, le istituzioni educative e con gli strumenti di comunicazione sociale», ma anche contribuire all’interazione tra società civile e attività politica in nome del principio di sussidiarietà.
Infine un auspicio: «che istituti e accademie di studi economici e di formazione socio-politica includano nei loro curricoli la formazione etica, analogamente a ciò che in anni recenti si è fatto nel campo dell’etica medica, e che consultazioni etiche siano anche incluse in rapporto alle decisioni che vengono prese a livello nazionale e internazionale».
La sessione di lavori appena conclusa a Roma è l’undicesima da quando la Commissione bilaterale per i rapporti religiosi fu istituita all’indomani del viaggio di Giovanni Paolo II in Israele (nel 2000). Al co-moderatore per parte israeliana, il rabbino Shear-Yashuv Cohen, si è affiancato per la prima volta il cardinale africano Peter Turkson, nuovo co-moderatore per parte cattolica.