Le Olimpiadi di Londra, che si aprono ufficialmente il 27 luglio nella capitale inglese, saranno ricordate anche per una «questione di coscienza» dai circa 3.500 atleti musulmani che vi parteciperanno. Infatti quest’anno il calendario delle gare olimpiche cade nel bel mezzo del mese di Ramadan che imporrebbe il digiuno...
(Milano/c.g.) – Le Olimpiadi di Londra, che si aprono ufficialmente il 27 luglio nella capitale inglese, saranno ricordate anche per una questione «di coscienza» dai circa 3.500 atleti musulmani che vi parteciperanno. Infatti quest’anno il calendario delle gare olimpiche (27 luglio – 12 agosto), cade nel bel mezzo del mese sacro di Ramadan (20 luglio – 19 agosto).
Gli atleti di fede islamica si troveranno a dover scegliere se praticare il digiuno «dall’alba al tramonto», ovvero nelle 17 ore di luce solare previste in quei giorni a Londra – compromettendo però in questo modo le proprie prestazioni diurne – o posticipare il digiuno in un periodo di inattività (posticipo che, d’altro canto, l’Islam prevede in caso di necessità). Si tratta di un dilemma che gli atleti musulmani affrontano, consigliati da religiosi e preparatori atletici, ciascuno a suo modo: Khadija Mohammed, sollevatrice di pesi degli Emirati, ha deciso ad esempio di digiunare rigorosamente tutti i giorni salvo quello in cui sarà impegnata nella competizione, riferisce il quotidiano locale The National. Viceversa Humaid Al Derei, suo connazionale judoka, posticiperà la pratica dell’intero digiuno dopo le Olimpiadi. Mentre Mohammed Abbas Darvish, impegnato nel salto triplo, non avrebbe ancora deciso cosa fare.
Un’altra particolarità delle Olimpiadi di Londra, è la maggiore consistenza delle delegazioni femminili presentate dalle squadre mediorientali. Segno indiretto, forse, del cambiamento che la «primavera araba» sta portando con sé. Dei 112 atleti inviati dall’Egitto, ad esempio, ben 34 sono donne (a Pechino erano state 29), riferisce il quotidiano online Ahram, sottolineando che si tratta del numero più alto donne mai inviato dal Cairo. Per la prima volta nella storia, poi, Arabia Saudita, Qatar e Brunei hanno deciso di inviare alle Olimpiadi una delegazione di atlete. In particolare, la decisione dell’Arabia Saudita arriva dopo un sollecito in tal senso rivolto negli scorsi mesi dal Comitato olimpico internazionale (Cio) a quello saudita, come segno di adesione allo spirito olimpico, in cui è forte l’idea di promuovere i diritti delle donne. Così per la prima volta saranno presenti ai Giochi due atlete saudite: Wodjan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani, che gareggerà nello judo, e Sarah Attar, in pista – con un velo a coprire il capo – sugli 800 metri.
Le Olimpiadi dovrebbero anche essere un’occasione di incontro tra nazioni in conflitto. A Londra Bahram Afsharzadeh, capo della delegazione iraniana, secondo Al Arabiya ha dichiarato che gli atleti di Teheran parteciperanno normalmente alle gare in cui dovranno misurarsi con avversari israeliani. Per quanto possa sembrare incredibile, infatti, nelle Olimpiadi di Atene del 2004 e di Pechino del 2008, vari atleti iraniani preferirono non aver nulla a che fare con i colleghi di Israele. Afsharzadeh ha anche affermato che la delegazione iraniana ha intenzione di rispettare il minuto di silenzio proposto per ricordare gli 11 olimpionici israeliani uccisi durante i Giochi di Monaco, nel 1972. Sono giunti a Londra anche i 10 atleti della delegazione siriana, composta in tutto da 28 membri, la pattuglia siriana più numerosa dalle Olimpiadi di Mosca del 1980. Nonostante l’apparente «normalità» che l’invio di una nutrita delegazione di atleti vuole ostentare, va ricordato che il capo del Comitato olimpico siriano, il generale Mowaffak Joumaa, vicino a Bashar Al Assad, non è potuto recarsi a Londra poiché la Gran Bretagna – applicando le sanzioni decise dall’Unione Europea contro i principali esponenti del regime di Damasco – gli ha negato il visto d’ingresso.
Come curiosità segnaliamo la disavventura capitata a Noor Aamer Jassim, atleta irachena impegnata nel tiro di precisione con la pistola. Martedì scorso, al momento di imbarcarsi sul volo che da Baghdad portava gli otto atleti iracheni (tra cui tre donne) a Dubai, per raggiungere Londra, Noor si è vista negare il permesso di portare con sé, sull’aereo, la sua pistola di precisione. La pistola, infatti, non era nella lista degli oggetti autorizzati all’imbarco. La compagnia aerea si è poi scusata, inviando la pistola di Noor a Dubai con un volo successivo.