Diverse fonti ormai riportano che in Siria, tra gli oppositori del regime di Bashar Al Assad, sta combattendo un numero crescente di militanti stranieri del Jihad islamico. Sono giovani uomini che provengono dalla Libia, dal Kuwait, dall’Arabia Saudita; ma anche dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Alcuni hanno già combattuto in Libia.
(Milano/c.g.) – In Siria, tra gli oppositori del regime di Bashar Al Assad, sta combattendo un numero crescente di militanti stranieri del Jihad islamico. Guerriglieri fondamentalisti che provengono dalla Libia, dal Kuwait, dall’Arabia Saudita; ma anche dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Alcuni di loro possono vantare un curriculum da «professionisti» delle rivolte islamiche, essendo giunti in Siria dopo aver combattuto in Libia. Per tutti la motivazione religiosa è fondamentale; e la loro presenza sul campo, carica il conflitto siriano dei toni cupi della «guerra di religione», essendo i jihadisti sunniti ferocemente opposti agli alawiti di Assad.
L’allarme era stato lanciato nelle scorse settimane dall’Onu e dal governo iracheno che spiegava di come cellule di al Qaeda fossero penetrate in Siria dal confine con l’Iraq. Oggi documenta una storia simile un reportage ripreso da diversi quotidiani mediorientali, tra cui il Jordan Times di Amman.
L’autore del reportage, Suleiman Al Khalidi dell’agenzia Reuters, racconta di aver incontrato al confine con la Turchia, due giovani, Abdullah Ben Shamar, studente saudita di 22 anni, e il suo amico libico Salloum, in procinto di entrare illegalmente in Siria per combattere. «È nostro dovere andare in Siria e difenderla dai tiranni alawiti che stanno massacrando il suo popolo», spiega Abdullah. Secondo lo studente, lui e il suo amico starebbero seguendo le orme dei loro antenati, che combatterono in schiere inviate dal profeta Maometto, all’alba dell’era musulmana, per liberare la grande Siria da quelli che consideravano come barbari bizantini. I barbari del Ventunesimo secolo, sostengono Abdullah e il suo amico, sono Assad e le sue coorti, espressione del governo della setta minoritaria degli alawiti. Gli estremisti sunniti, come i combattenti stranieri che in questo periodo si stanno recando in Siria, provano un odio viscerale per gli alawiti di Assad, che considerano alla stregua di infedeli, esattamente come gli sciiti dell’Iran che sostengono Assad. «Finalmente la popolazione musulmana della Siria si è levata in piedi – dice Shamar – dopo che Assad e gli alawiti hanno saccheggiato il Paese con l’aiuto di hezbollah. I musulmani di tutto il mondo non possono rimanere senza far nulla per aiutare la rivolta». Abdullah e Salloum si sarebbero conosciuti in Gran Bretagna, ormai diversi anni fa, nella città di Brighton, dove si erano recati per frequentare un corso di lingua inglese.
Salloum, 24 anni, è uno studente dell’università di Tripoli, facoltà di Chimica, e ha combattuto in Libia, nella battaglia di Zawiya, vicino alla capitale, prima la caduta di Muammar Gheddafi. Essere in Siria rappresenta per lui un dovere religioso. «I nostri fratelli siriani hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile – ha spiegato –, poiché a differenza della Libia, la comunità internazionale li ha abbandonati». Salloum, che desidererebbe unirsi alla Brigata Ahar Al Sham (la brigata «per la liberazione di Damasco», composta in gran parte da stranieri) sostiene che è una delle massime aspirazioni di un musulmano quella di partecipare al jihad.
Suleiman Al Khalidi, il giornalista autore del reportage, che è cittadino giordano, fu stato arrestato dalle forze di sicurezza siriane nel maggio 2011, mentre seguiva gli eventi della rivolta in atto nel Paese. Una volta liberato ha pubblicato la sua esperienza di prigioniero e le torture di cui è stato testimone.
Diversi comandanti del Libero esercito siriano in attività del Nord Ovest della Siria confermano che negli ultimi mesi molti militanti stranieri si sono uniti alle loro forze: vengono da Libia, Kuwait, Arabia Saudita; ma anche dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Diversi di loro sarebbero figli di siriani emigrati in Occidente perché oppositori della famiglia Assad. La maggioranza di questi combattenti stranieri si sarebbero concentrati nella provincia di Hama, nella Siria centrale, dove alcuni jihadisti più esperti, ex combattenti in Afghanistan, li starebbero formando alla guerriglia e all’uso delle armi. Se ad Hama – il maggior centro della rivolta contro Assad – i jihadisti sono centinaia, se ne trovano alcuni anche a Damasco, ma in numero troppo limitato per mettere in scacco l’esercito regolare.