Il Sedicesimo vertice dei Paesi non allineati, che si è svolto nei giorni scorsi nella capitale iraniana Teheran, potrebbe aver introdotto alcune novità capaci di influire sugli equilibri del Medio Oriente. In particolare, ha confermato il decisivo ruolo diplomatico che l’Egitto di Mohammed Morsi può giocare nella regione.
(Milano) – Quanto è successo al Sedicesimo vertice dei Paesi non allineati, che si è svolto il 30 e il 31 agosto nella capitale iraniana Teheran, sembra aver portato alcune novità che potrebbero forse influire sugli equilibri del Medio Oriente. In particolare, ha confermato il decisivo ruolo diplomatico che l’Egitto di Mohammed Morsi potrebbe giocare nella regione.
Per alcuni aspetti il vertice è stato un successo della diplomazia iraniana: infatti vi hanno partecipato 125 rappresentanti di nazioni di tutto il mondo, tra cui 31 capi di Stato e di governo, oltre al segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, che si è recato a Teheran nonostante le preoccupazioni di Usa e Israele.
Per l’Iran, il vertice ha costituito un’affermazione anche nel campo della più ristretta politica regionale visto che hanno accettato l’invito a parteciparvi (e recarsi da «amici» in un Iran sotto embargo occidentale), rappresentanti di Libano, Siria, Giordania, Autonomia palestinese, Iraq, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto. In particolare, in occasione del vertice, Iran ed Egitto hanno ripreso a guardarsi negli occhi dopo un gelo di 33 anni iniziato con l‘avvento degli ayatollah sciiti a Teheran: così il presidente egiziano Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani (di orientamento sunnita), è stato accolto con tutti gli onori dai vertici della Repubblica islamica iraniana, di orientamento sciita. Un avvenimento pieno di significato, in un’area del mondo in cui le tensioni tra le diverse famiglie islamiche rischiano di tramutarsi in sanguinose guerre di religione (come è avvenuto negli ultimi anni in Iraq e sta avvenendo in Siria).
Il discorso pronunciato per l’occasione da Ali Khamenei, guida suprema della Repubblica Iraniana, ha posto il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e tutti i delegati presenti di fronte alle consuete tesi iraniane sulla proliferazione atomica e sulla questione palestinese: «Non useremo mai armi atomiche ma non rinunceremo neppure al nostro diritto di produrre energia nucleare», ha ribadito Khamenei che ha accusato i «sostenitori del regime sionista di commettere ogni genere di crimini, aiutati dai Paesi occidentali». «Gli Stati Uniti e i loro alleati parlano di diritti umani mentre in effetti stanno parlando di interessi occidentali … tortura e omicidi non sono considerati, se a perpetrarli sono gli Stati Uniti o i sionisti (…) L’Iran invoca una soluzione della questione palestinese proponendo un referendum che possa decidere il destino del Paese, un referendum che coinvolga tutti i palestinesi residenti in Palestina e rifugiati all’estero».
Per risolvere la crisi siriana – nella quale Teheran sostiene le ragioni del presidente Bashar al-Assad contro l’opposizione – l’Iran ha proposto ai delegati l’istituzione di un «terzetto» di governi non allineati, composto da Iran, Venezuela ed Egitto, con il compito di mediare tra i contendenti.
La novità del vertice è venuta però dal discorso del presidente egiziano Mohammed Morsi. Gelando l’entusiasmo suscitato dal suo arrivo tra i vertici sciiti di Teheran, Morsi ha definito un «dovere morale» sostenere il popolo siriano contro il «regime oppressivo» di Damasco. «Tutti noi dobbiamo affermare la piena solidarietà con lo sforzo di coloro che cercano libertà e giustizia in Siria – ha detto Morsi – e trasformare questo nostro slancio in una chiara visione politica, che sostenga una transizione pacifica in un sistema democratico che risponda alla domanda di libertà del popolo siriano». Durante il discorso, la delegazione del governo siriano ha abbandonato l’aula in segno di protesta. E il governo iraniano, per smorzare le polemiche suscitate dalle parole di Morsi, ha giustificato i toni decisi dell’intervento indicandone addirittura la causa in un fraintendimento del traduttore simultaneo.
Morsi ha anche proposto, per la Siria, un piano di pace alternativo a quello iraniano: indicando, al posto del «terzetto» proposto da Teheran, il «quartetto» Iran, Egitto, Turchia, Arabia Saudita, che ancora una volta unisce leader sciiti e sunniti, nella ricerca di una mediazione. Contributo che potrebbe ridare fiato, su un percorso inedito, ai tentativi della comunità internazionale di giungere a una soluzione pacifica del conflitto in Siria.
Le parole di Morsi non sono passate inosservate al Dipartimento di Stato americano. Il portavoce Patrick Ventrell le ha definite dei «commenti molto utili, chiari e forti, soprattutto per il fatto di essere stati pronunciati a Teheran. Noi condividiamo con l’Egitto la speranza di vedere una fine del regime di Assad e alla carneficina. E la speranza di vedere una transizione a una Siria democratica che rispetti i diritti umani».Vertell ha anche commentato positivamente le parole del segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki moon che nel suo intervento, a costo di urtare la suscettibilità degli ospiti iraniani, ha criticato i ripetuti insulti dei leader di Teheran nei confronti di Israele.