La scorsa notte è toccato alla comunità trappista dell’abbazia di Latrun - che sorge lungo la direttrice tra Gerusalemme e Tel Aviv - subire uno degli atti vandalici che da tempo in Terra Santa prendono di mira proprietà e luoghi di culto cristiani. Pronta e ferma la protesta dei vescovi, che chiedono alle autorità israeliane di disinnescare l'odio.
(Gerusalemme/m.a.b.-g.s.) – Al suo risveglio questa mattina, 4 settembre, la comunità trappista dell’abbazia di Latrun – che sorge lungo la direttrice tra Gerusalemme e Tel Aviv – ha dovuto constatare i danni causati da un nuovo episodio di vandalismo nei confronti di proprietà cristiane.
Il portoncino di ingresso al monastero è stato incendiato e sui muri tutt’intorno sono state tracciate con lo spray scritte blasfeme e offensive, in lingua ebraica, nei confronti di Cristo e dei cristiani.
Anche l’attacco della scorsa notte – come i precedenti registrati negli ultimi anni – ha suscitato la reazione indignata della Chiesa locale. Sia il patriarcato latino sia l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) hanno espresso, con due distinti comunicati, la propria inquietudine e i propri interrogativi davanti alle «forze dell’odio» che sono all’opera. «Cosa sta accadendo nella società israeliana perché i cristiani diventino i capri espiatori e i bersagli di simili atti di violenza?», si chiedono i vescovi.
Il comunicato dell’Aocts osserva che «i monaci di Latrun hanno dedicato le loro vite alla preghiera e al lavoro. Il monastero è meta ogni settimana di centinaia di visitatori ebrei israeliani che vengono accolti con carità e calore dai monaci. Alcuni dei quali hanno imparato l’ebraico e incoraggiano la comprensione reciproca e la riconciliazione tra ebrei e cristiani, secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica».
«Coloro che hanno tracciato questi graffiti carichi di odio, hanno voluto esprimere la propria collera per lo smantellamento delle colonie ebraiche illegali in Cisgiordania. Ma perché scaricare questa collera sui cristiani e i loro luoghi di culto?», si domandano i capi delle comunità cattoliche, che proseguono: «Che genere di “insegnamento del disprezzo” per i cristiani viene trasmesso nelle loro scuole e nelle loro case? E perché i colpevoli non vengono individuati e chiamati a rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia?».
Numericamente ridotta, la comunità cristiana rimane facile bersaglio d’ogni estremismo, tanto in Israele quanto nei Territori palestinesi. L’attacco della notte scorsa rientra tra quelli portati a termine da coloni estremisti, nel quadro della campagna da loro stessi denominata «il prezzo da pagare» (price tag) e che vuole vendicare, prendendo di mira luoghi di particolare significato, le decisioni del governo israeliano che essi considerano ostili ai loro interessi.
Gli obiettivi più frequenti sono palestinesi (coltivazioni, case, automobili…) e a volte sono di tipo religioso: moschee o chiese. Tuttavia anche luoghi simbolo ebraico-israeliani sono stati presi di mira (ad esempio il monumento al primo ministro Yitzhak Rabin a Tel Aviv, nella piazza in cui fu ucciso in un attentato nel 1995).
Nel concludere la loro dichiarazione odierna, gli ordinari cattolici di Terra Santa chiedono alle autorità di disinnescare questa «violenza insensata» e di «assicurare un “insegnamento di rispetto” nelle scuole di coloro che reclamano d’appartenere a questa terra».