Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Pagine bibliche sull’intercessione

Daniele Civettini
1 ottobre 2012
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Tra Dio e l’umanità, di Martino Signoretto, sacerdote e docente di Antico Testamento all’Istituto di Scienze religiose di Verona, è un’opera di scandaglio nelle Sacre Scritture dedicata alla figura, centrale nella Bibbia e nella storia della salvezza, dell’Intercessore, cioè l’amico di Dio, colui che ha sangue innocente (ed è pronto a versarlo, se occorre), colui che è pronto a tener botta tanto alla giustizia di Dio quanto alle colpe del popolo.


Caino era il preferito della madre. Abele era il preferito di Dio. Quando Abele e i suoi «sangui» (la virtuale discendenza della vittima) furono accolti dalla terra nel primo simbolico ed esemplare delitto della storia umana, venne scavato un solco tra Dio e l’uomo, il baratro che separa, tanto individualmente, quanto a livello sociale, la colpa dalla giustizia. Serviva dunque gettare un ponte per ricomporre la frattura, e i «sangui» di Abele iniziarono a urlare verso Dio…

Tra Dio e l’umanità, di Martino Signoretto, sacerdote e docente di Antico Testamento all’Istituto di Scienze religiose di Verona, è un’opera di scandaglio nelle Sacre Scritture dedicata alla figura, centrale nella Bibbia e nella storia della salvezza, dell’Intercessore, cioè l’amico di Dio, colui che ha sangue innocente (ed è pronto a versarlo, se occorre), colui che è pronto a tener botta tanto alla giustizia di Dio quanto alle colpe del popolo, saldo in mezzo ai rovesci della storia, senza rendersi complice dei delitti dei fratelli, senza avallare con pace propria certe minacce di distruzione riparatrice che periodicamente emergono nella letteratura religiosa di tutti i tempi perché sono come inscritte nel senso di colpa che attanaglia l’umanità.

Presentati e analizzati secondo i criteri della Lectio (precisione filologica, attualizzazione del dettato biblico), vengono «riscritti» alcuni passaggi tra i più significativi: dopo la storia di Caino e Abele, che pone il tema dell’intercessione (il bisogno di misericordia) in stretto legame con la parallela, universale esigenza di giustizia, vengono presentati Mosè, Abramo, Giobbe, Geremia, Amos, l’anonimo autore del Salmo 122; tutti personaggi incaricati di una missione posta tra Dio e il mondo e sempre necessaria al ripresentarsi dei nuovi Vitelli d’oro, delle nuove Sodoma, al perpetuo rifiorire della violenza cieca che quotidianamente si consuma sotto tutti i cieli e che riguarda persino il rischio costante di certa pietà religiosa, che credendo di custodire i giudizi di Dio, finisce per «giustificare» il dolore innocente tramite consolazioni a buon mercato. E il contrario di questa missione è nella tentazione dell’indifferenza: «Io ho cercato tra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese perché io non lo devastassi, ma non l’ho trovato (Ez 22, 30)».

Di fronte alla malvagità dei potenti, del clero e persino degli infimi del popolo che scorre per immagini impressionanti nelle pagine del profeta Ezechiele, adatte a descrivere i suoi tempi come i nostri, Dio continua a cercare uomini che sappiano fare «un passo in mezzo» sacrificando la propria tranquillità per rapportarsi nientemeno che con il male nel mondo, ovunque sia presente e con qualunque forma si presenti, perché chi intercede svela l’identità stessa di Dio, riflettendo la sua volontà di implicarsi con ogni uomo, secondo la logica dell’Incarnazione. Così l’ultimo capitolo del volume è dedicato al capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, dove in modo particolare Gesù di Nazaret è mostrato come l’Intercessore per eccellenza, nel quale ogni uomo può essere a sua volta intercessore.

È in questo mistero che viene custodita la comunità degli intercessori di oggi, uomini soprattutto di preghiera, «ormai decentrati dai propri problemi, ma concentrati su qualcosa che è altrove, perché rapiti dalla preghiera di Gesù che alla destra del Padre non smette di desiderare che i suoi siano fratelli, desidera che nessuno si senta orfano, ma sia a tutti gli effetti un figlio».

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