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Ancora scritte oltraggiose su un convento francescano a Gerusalemme

Giampiero Sandionigi
2 ottobre 2012
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Ancora scritte oltraggiose su un convento francescano a Gerusalemme
Francescani ed ebrei ultraortodossi si incrociano per le vie di Gerusalemme vecchia (foto Miriam Alster/Flash90)

Era già accaduto nel dicembre 2009 e si è ripetuto la notte scorsa: il portone di ingresso del convento francescano sul monte Sion, nel centro storico di Gerusalemme appena fuori le mura, è stato imbrattato con scritte oltraggiose in ebraico e con il riferimento alla campagna Tag mehir. Costernazione dei cristiani locali e appello al cambiamento.


(Milano) – Era già accaduto nel dicembre 2009 e si è ripetuto la notte scorsa: il portone di ingresso del convento francescano sul monte Sion – nel centro storico di Gerusalemme, appena fuori le mura e accanto al Cenacolo – è stato imbrattato con scritte oltraggiose in ebraico e con il riferimento alla campagna Tag mehir. Una firma, quest’ultima, che attribuisce anche stavolta la responsabilità del gesto ai coloni israeliani estremisti, i quali, pur limitandosi finora a odiosi atti vandalici notturni, hanno deciso di colpire sempre più frequentemente e a distanza ravvicinata (basti ricordare i recenti vandalismi alla trappa di Latrun e altri seguiti, in luoghi meno noti, nei giorni scorsi).

Questa mattina l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa (i vescovi e i capi delle varie comunità, tra cui anche il padre Custode, fra Pierbattista Pizzaballa) ha espresso nuovamente «costernazione e sostegno nella preghiera e la fraternità ai francescani e all’intera comunità cristiana di Terra Santa».

I responsabili cattolici si dicono fiduciosi nella volontà delle autorità israeliane di individuare e punire i membri dell’organizzazione Tag mehir (in ebraico «Il prezzo da pagare»), ma ribadiscono la loro richiesta di andare più a fondo: occorre che la società israeliana si interroghi sui valori che trasmette ai suoi giovani e in particolare agli anonimi protagonisti di questi vandalismi. Occorre che in tutti gli ambienti religiosi ed educativi (scuole, associazioni, luoghi di culto) sia estirpata ogni istigazione al disprezzo.

È una richiesta che i leader religiosi cristiani vanno ribadendo da tempo e in varie sedi, sia con interventi indirizzati molto discretamente alle autorità politiche israeliane, sia con prese di posizioni pubbliche sulla stampa. Lo scorso 7 settembre, ad esempio, uno dei maggiori quotidiani israeliani dava la parola al Custode di Terra Santa. Conversando con Haaretz a pochi giorni dai vandalismi a Latrun, Pizzaballa rimarcava come in certi ambienti dell’ebraismo israeliano, in particolare tra gli studenti di molte yeshivà (le scuole rabbiniche), il disprezzo verso i cristiani è pane quotidiano: «Quando arrivai qui (Pizzaballa vive a Gerusalemme dai primi anni Novanta – ndr) mi fu spiegato che circolando per le vie della città con addosso il saio la gente mi avrebbe sputato addosso. Era normale e non avrei dovuto prendermela». Il fenomeno è tuttora radicato e ne fanno le spese ecclesiastici d’ogni rango e comunità, che siano residenti o pellegrini (a fine 2009 varie autorità religiose ebraiche in Israele censurarono queste azioni, paventando oltretutto che potessero generare nuove ondate di antisemitismo all’estero).

Tra gli altri esempi recenti di atteggiamenti irrispettosi, il Custode citava ad Haaretz la provocazione di un membro della Knesset, il deputato Michael Ben Ari, che nel luglio scorso si faceva riprendere mentre stracciava una copia del Nuovo Testamento inviata giorni prima, per posta (a lui come ad altri colleghi), dalla Società biblica israeliana. Il parlamentare spiegava il suo gesto dicendo: «Questo libro e chi l’ha inviato meritano di finire nella pattumiera della Storia». Per i cristiani fu un gesto scioccante, commentava Pizzaballa, osservando come non averlo adeguatamente deprecato in Israele sia stata una mancanza di sensibilità.

Insomma, dai cittadini di Israele i cristiani locali si attendono lo stesso rispetto che giustamente essi rivendicano per sé stessi.

All’indomani dei vandalismi di settembre a Latrun il governo israeliano si è impegnato a creare una speciale unità di polizia per contrastare gli atti intimidatori targati Tag mehir. È un passo importante e significativo, ma l’opera di contrasto va intensificata sul versante culturale ed educativo. I tempi sono maturi.

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