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Islam, più conoscenza per costruire sicurezza

Manuela Borraccino
21 novembre 2012
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Le vittorie elettorali dell’Islam politico sembrano aver portato nuova linfa alla tesi dello scontro di civiltà e ai rischi di letture islamofobe di quanto sta avvenendo sulla sponda sud del Mediterraneo. Ma proprio per questo è tanto più necessario sfatare con uno sforzo di conoscenza stereotipi, pregiudizi e generalizzazioni, rimarca Roberto Rapaccini nel suo libro Paura dell’Islam da poco in libreria.


Le vittorie elettorali dell’Islam politico sembrano aver portato nuova linfa alla tesi dello scontro di civiltà e ai rischi di letture islamofobe di quanto sta avvenendo sulla sponda sud del Mediterraneo. Ma proprio per questo è tanto più necessario sfatare con uno sforzo di conoscenza stereotipi, pregiudizi e generalizzazioni, rimarca Roberto Rapaccini in Paura dell’Islam. Il travisamento della cultura islamica nella genesi del terrorismo, da poco in libreria.

Funzionario del ministero dell’Interno esperto di problematiche comunitarie, impegnato nelle attività investigative inerenti la lotta al terrorismo e il traffico illecito di armi nelle questioni di ordine pubblico, Rapaccini non intende proporre una tesi quanto piuttosto offrire al lettore un contributo di informazione sui fondamenti storici, antropologici e religiosi dell’Islam. E raccontare il grande cambiamento di paradigma avvenuto negli organi di sicurezza dopo l’11 settembre 2001, quando la prevenzione del terrorismo di matrice islamica è divenuta di colpo una questione di rilevanza comunitaria.

Con un volume agile e di taglio divulgativo, l’autore getta luce sui tratti principali e sui nodi irrisolti della cultura islamica (come l’assenza della nozione di laicità e la lettura letterale del Corano). Ripercorre altresì la nascita di formazioni armate come Al Qaeda, che si richiamano all’Islam spesso nella sostanziale acquiescenza da parte delle autorità islamiche. Egli ribadisce così che il fondamentalismo – che non è di esclusivo appannaggio dell’Islam – «non può essere considerato il presupposto necessario e sufficiente delle iniziative terroristiche». Tanto più che nelle sue ramificazioni internazionali il terrorismo presuppone capitali ingenti, il contributo di leader carismatici e la connivenza di Stati che forniscano appoggio: «Il terrorismo di matrice islamica è un fenomeno degenerativo della contrapposizione fra Islam e mondo occidentale» che si basa su equilibri geopolitici ambigui. «Si deve escludere un collegamento diretto e necessario fra Islam e terrorismo».

Benché oggi costituisca una delle principali minacce per la sicurezza dei cittadini, nell’Ue l’azione di contrasto all’estremismo violento di matrice islamica è limitata, nonostante le numerose Convenzioni in materia, dalla mancanza di una nozione di terrorismo internazionalmente condivisa: l’autore spiega perché essa sarebbe più che mai necessaria in un’azione comune degli Stati, soprattutto per distinguerla da condotte disciplinate da altre fonti normative. Dopo il Trattato di Amsterdam (1992) e di Maastricht (1999), è stato soprattutto il Trattato di Lisbona del 2009 ad aver introdotto disposizioni in materia di protezione civile che dovrebbero potenziare la capacità dell’Ue di proteggere i cittadini e le infrastrutture.

Ma prima ancora della difesa, suggerisce l’autore, vengono la conoscenza e il dialogo con esponenti di una civiltà che da molti secoli fa parte del comune spazio mediterraneo, e che con le rivolte popolari del 2011 hanno dimostrato di voler emarginare il ricorso alla violenza terroristica e alle degenerazioni in forme eversive del fondamentalismo religioso.

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