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Islam e nazione, l’Egitto che dibatte

Giorgio Bernardelli
18 gennaio 2013
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Si avvicina il 25 gennaio, la data del secondo anniversario della rivolta egiziana che ha portato alla fine dell'era Mubarak. Tutti gli schieramenti al Cairo stanno preparando le loro manifestazioni anche perché è ormai cominciata la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche, che si terranno già in primavera. Inevitabilmente al centro c'è un tema: quale ruolo per l'islam nel nuovo Egitto e quali rapporti con le altre religioni (copti egiziani in primis)?


Si avvicina il 25 gennaio, la data del secondo anniversario della rivolta egiziana che ha portato alla fine dell’era Mubarak. Tutti gli schieramenti al Cairo stanno preparando le loro manifestazioni anche perché è ormai cominciata la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche, che si terranno già in primavera. Ma il 25 gennaio di quest’anno – dopo l’elezione di Mohammed Morsi alla presidenza e lo scontro sulla nuova Costituzione voluta dagli islamisti – ha inevitabilmente al centro un tema: quale ruolo per l’Islam nel nuovo Egitto e quali rapporti con le altre religioni (copti egiziani in primis)?

Ma in questi giorni ha fatto notizia anche un video del 2010 contenente affermazioni antisemite del presidente Morsi, che il suo portavoce si è dovuto affrettare a smentire, sostenendo che si trattava di frasi prese «fuori dal loro contesto». Ieri poi Zeinobia – una delle più note blogger egiziane – lanciava l’allarme per alcuni commenti pubblicati sulle pagine legate ai Fratelli Musulmani sui social network in cui si attribuiva «a un complotto dei copti» la responsabilità dell’incidente ferroviario nel quale, qualche giorno fa, hanno perso la vita 19 reclute dell’esercito.

A confermare ulteriormente quanto l’intolleranza religiosa sia oggi un tema caldissimo in Egitto è anche un’iniziativa annunciata dal quotidiano al Ahram: in vista del 25 gennaio la nuova Biblioteca di Alessandria ospiterà un dibattito televisivo sulla domanda «l’Egitto sta diventando pericolosamente diviso e intollerante?». A condurlo sarà Tim Sebastian, il giornalista che per la Bbc ha ideato il format dei Doha Debates, nei quali sostenitori e oppositori di una tesi su un tema importante per il mondo arabo si confrontano moderati dal conduttore. Il confronto di Alessandria avverrà in arabo e sarà prodotto da Deutsche Welle, che lo trasmetterà sia in arabo sia in inglese.

Certamente, dunque, il tema è delicato. Senza nulla togliere ai problemi – che ci sono e sono anche evidenti – occorre però anche evitare le semplificazioni. Per questo è interessante segnalare pure due voci islamiche egiziane autorevoli che in questi stessi giorni hanno detto cose importanti riguardo al problema del settarismo.

Il primo è Mahmoud Azab, consigliere per il dialogo del grande imam (dell’università sunnita) di al-Azhar, che ha rilasciato una lunga intervista al settimanale copto Watani. Intervista interessante perché serrata e con domande molto precise, alle quali Azab ha risposto rivendicando il ruolo moderatore di al Ahzar rispetto agli estremisti. Ha citato, ad esempio, l’esperienza della Casa della famiglia egiziana, un organismo che vede insieme musulmani e cristiani per promuovere il dialogo e cercare anche di disinnescare insieme le tensioni che in Egitto spesso nascono su questioni molto locali. Ma soprattutto, in questa intervista a Watani, Azab ha dato un annuncio: dovrebbe partire presto il canale tivù satellitare di al Ahzar, che avrebbe l’obiettivo di contrastare la predicazione più radicale dei canali satellitari salafiti. Un intento che – ovviamente – andrà verificato una volta che le trasmissioni inizieranno realmente.

L’altro intervento è, infine, un articolo scritto per il blog della Reuters FaithWorld dal gran muftì del Cairo, Ali Gomaa. Anche in questo il caso il tema è quello dell’armonia tra le religioni e infatti il gran muftì spiega perché durante le festività natalizie ha rivolto gli auguri ai cristiani a differenza dei salafiti, che sostenevano fosse contrario all’Islam farlo. Ma la notizia vera è un’altra: nell’articolo Ali Gomaa si schiera espressamente contro quanti in Egitto cominciano a invocare l’istituzione di un «comitato per la virtù e la prevenzione del vizio». Un passo che è la premessa alla polizia religiosa modello Arabia Saudita. Il gran muftì spiega che questa istituzione sarebbe in contraddizione con il pluralismo della società egiziana. E definisce la commissione «un’idea idiota che mira solo a destabilizzare una situazione già tesa».

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Clicca qui per leggere il post di Zenobia

Clicca qui per leggere l’articolo di al Ahram sul dibattito ad Alessandria

Clicca qui per leggere sul sito di Watani l’intervista al consigliere di al Ahzar per il dialogo

Clicca qui per leggere sul sito della Reuters l’intervento del gran muftì del Cairo

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