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Nel luogo del Battesimo di Gesù

fra Rosario Pierri ofm
24 gennaio 2013
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Nel luogo del Battesimo di Gesù
In questa foto d'epoca francescani in preghiera in mezzo al fiume Giordano. I fedeli assistono dalla riva.

Le due rive del fiume Giordano sono mete costanti di pellegrinaggi. Il gesto si intensifica in gennaio, per la memoria liturgica del Battesimo di Gesù.


Chi vive in Terra Santa e studia le tradizioni dei siti, siano esse cristiane, ebraiche o musulmane, è abituato a considerare l’esistenza di due o più luoghi che si contendono la medesima memoria. Talvolta si hanno slittamenti ravvicinati, come nel caso di Sion (dalla città di Davide all’attuale area, che è memoria cristiana), talvolta, oltre agli immancabili condizionamenti storici, sono le coincidenze più o meno concrete di omonimia a creare una piccola famiglia di siti riuniti intorno ad un’unica memoria: un caso particolarmente prolifico è quello di Emmaus.

Il luogo dove Gesù si è fatto battezzare da Giovanni Battista è Wadi Kharrar (sponda giordana) o el-Maghtes (sponda sotto il controllo militare d’Israele)? Nel consultare le testimonianze degli antichi pellegrini bisogna tener conto da quale versante avviene la descrizione. Considerando esclusivamente l’area che la tradizione indicava come luogo del battesimo di Gesù, la testimonianza del Pellegrino anonimo di Piacenza (570), come quella di altri, è neutrale: «Vi si trova un tumulo circondato da cancelli e nel punto dove l’acqua rifluisce nel suo alveo è posta una croce di legno dentro l’acqua su un piedestallo tutto intorno di marmo». A ricondurre la discussione al dato essenziale è la tradizione bizantina (quinto-ottavo secolo), che fissa al «centro» del fiume detta colonna (di marmo o di legno non sembra poi tanto importante saperlo). Il centro del fiume appartiene all’uno e all’altro versante.

La notizia dell’apertura del sito del battesimo sulla sponda occidentale (quella che si trova nei Territori palestinesi occupati) circolava da anni (l’accesso era stato precluso 45 anni fa), e a spingere ad una decisione definitiva le autorità israeliane deve essere stato «anche» tutto quel ben di Dio che le varie confessioni cristiane – purtroppo – stanno costruendo sulla riva giordana del fiume, in un luogo rimasto incontaminato da millenni: stiamo parlando di Wadi Kharrar. Rimanendo su  quel versante, prima di raggiungere il fiume, una serie di memorie segna il cammino dei pellegrini, che iniziano a scendere dalla collina di Elia, incontrando di seguito sul sentiero la sorgente di San Giovanni Battista, la chiesa  di Santa Maria Egiziaca e quella di San Giovanni Battista. Fra qualche anno, chi prima chi dopo, su quel versante i cristiani di diverse Chiese, avranno propri luoghi dove affluire.

Sulla sponda occidentale gli israeliani non potevano certo restare a guardare. Non che el-Maghtes, vicino al santuario del Prodomos («Precursore») – zona conosciuta come Qasr al-Yahud, «il castello degli ebrei» – non fosse accessibile, lo era però solo in determinate occasioni.

Mentre sulla sponda giordana la Custodia di Terra Santa non ha un luogo a ricordo della memoria del battesimo di Gesù, nell’area del el-Maghtes è proprietaria di una piccola area dove, di fronte a gradini a forma di anfiteatro c’è una piccola edicola. È qui che si celebra l’eucaristia il giorno della pellegrinazione.

La tradizione della pellegrinazione dei frati è antica: «I francescani non tardarono a fare la loro pellegrinazione al fiume Giordano… La prova che essi vi facevano la loro pellegrinazione si trova nel firmano del Sultano Ibrahim del 1641» (B. Talatinian, Santuari di Terra Santa in possesso dei Francescani. Autenticità. Acquisto, Jérusalem 2002, 111). Si può fare un passo ancora più indietro. Alla luce delle sue appassionate ricerche sui Luoghi Santi, padre Artemio Vítores, attuale vicario custodiale, ci tiene a sottolineare che per i pellegrini «aveva un grande valore il pellegrinaggio al fiume Giordano e il Mar Morto. Si passava da Betania, la fonte degli Apostoli, la locanda del Buon Samaritano, Gerico, il Monte della Quarantena e il Mar Morto (F. Quaresmi, Elucidatio Terrae Sanctae,VI, Pere. 6, cc. 1-13, Jerusalem 1989, 357-369). Spesso si trascura il fatto ben documentato – continua Vítores – che bisognava essere accompagnati da guardie per evitare di essere depredati in quella zona (A. de Aranda, Verdadera información de la tierra sancta, MDL, fol. LXXVII)».

La Custodia di Terra Santa è proprietaria anche di una superficie più vasta alle spalle della precedente – non si capisce bene se confinante –, dove al centro è tutt’ora in piedi una cappella dedicata a San Giovanni Battista, benedetta e inaugurata 1’11 giugno del 1935. La chiesa è sostenuta da un piano inferiore adibito a piccolo ospizio. «Il santuario è a cura dell’Ospizio francescano di Gerico. Le sacre funzioni vi si celebrano nella festa dell’Epifania e nella visita liturgica dell’ultimo giovedì di ottobre» (P. Agostino Augustinović, Gerico e dintorni, Gerusalemme 1951, 177-179).

La sistemazione attuale delle due cappelle, quella del Battesimo e quella del Battista, non è l’originaria, ma successiva al terremoto del 1956 e venne curata da padre Virgilio Corbo. Il restauro della chiesetta del Battista, da quanto si può vedere oggi, non sarebbe particolarmente dispendioso. L’area, delimitata da un muro, con l’entrata sul lato occidentale, non è accessibile, perché ancora minata. Almeno questo è l’avvertimento dei cartelli. Disposti in modo ordinato rimangono i fusti purtroppo tagliati di tante palme che circondavano una volta la piccola chiesa. Questo terreno lo si trova lungo la strada, sulla destra, poco prima di arrivare al sito dell’edicola meta della pellegrinazione.

Sul lato opposto, in posizione simmetrica, c’è un’area altrettanto ampia (l’estensione deve essere pressappoco uguale) di proprietà del patriarcato greco ortodosso. Anche lì il centro è occupato da una leggera costruzione, con esili colonne reggenti la copertura, di un’architettura opposta a quella piuttosto massiccia della cappella della Custodia. «È un’esedra adoperata solo in occasione del giorno dell’Epifania, è in ferro e cemento, perciò è recente. L’attuale costruzione è sicuramente posteriore al terremoto del 1927. Dall’aereo si nota che il terreno su cui poggia è leggermente elevato, ciò fa pensare che si trovi su una costruzione preesistente, forse una cappella. Che nell’area ci fossero delle costruzioni è dimostrato dall’abbondante ceramica di superficie. I pellegrini dovevano pur essere accolti in qualche ambiente!

Così come avveniva sull’altra sponda, anche sul versante occidentale il battesimo non si praticava direttamente nel fiume, perché pericoloso, ma l’acqua veniva convogliata da canali a un luogo, forse una chiesa, dove si svolgeva il rito. In passato il Giordano portava ben altra quantità d’acqua di quella che siamo abituati a vedere da alcuni decenni a questa parte e l’andamento sinuoso del letto del fiume doveva formare insidiosi vortici.

L’annotazione dell’Anonimo di Piacenza ci fa capire che dalla sua epoca sono cambiate tante cose. Il Giordano ai suoi tempi, come in quelli di Gesù, doveva essere molto più copioso. Oggi è ridotto a poco più di un ruscello. Lo prova la posizione del monastero del Prodromo (Qasr al-Yahud) piuttosto distante dal letto del fiume, che allora, come testimonia anche la vegetazione e l’orografia della zona, poteva anche esondare. Le due sponde, come testimoniano foto o bozzetti anche solo degli anni Sessanta del secolo scorso, dovevano essere più distanti l’una dall’altra rispetto a quel che si vede oggi. Senza i militari a sorvegliare il fiume, attualmente lo si potrebbe attraversare, passando da una sponda all’altra, in pochi secondi.

Nel guardare qualche foto anche più vecchia del sito, si prova un certo rimpianto nell’osservare quell’ambiente certamente più naturale di quello a cui siamo abituati, dove il Giordano appare come un vero fiume. Lo sfruttamento dell’acqua e il conseguente abbassamento del suo livello ha avuto, tuttavia, un effetto inatteso, per un certo verso «di riscatto». Colpisce infatti vedere due gruppi di fedeli, l’uno su una sponda l’altro su quella opposta, pregare e poi immergersi (quasi) contemporaneamente in quel poco più di un metro d’acqua per rivivere e ricordare il proprio battesimo. Tutto avviene sotto l’occhio vigile dei soldati e in perimetri ben delimitati, ma, per paradosso, da nessuna parte come in questo luogo, in una terra segnata da continue tensioni, i confini politici sono resi così fragili da una memoria cristiana.

 

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