Nelle ultime settimane il governo egiziano ha scatenato la cosiddetta «guerra dei tunnel» con la quale dozzine di cunicoli palestinesi sono stati inondati da acque reflue che li hanno resi inutilizzabili. L’azione distruttrice ordinata dal Cairo dovrebbe continuare con decisione, in accordo con Hamas... e con gli Usa.
(Milano/c.g.) – Nelle ultime settimane il governo egiziano ha scatenato la cosiddetta «guerra dei tunnel» con la quale dozzine di cunicoli palestinesi sono stati inondati da acque reflue che li hanno resi inutilizzabili. L’azione distruttrice ordinata dal Cairo dovrebbe continuare con decisione, in accordo con Hamas, il movimento islamista che governa la Striscia di Gaza.
Secondo alcune stime, oggi sarebbero circa un migliaio le gallerie che congiungono la Striscia di Gaza al territorio egiziano, passando sotto il confine ufficiale. Nel 2007, quando Israele ottenne anche dall’Egitto la chiusura delle frontiere con Gaza, erano però tre volte tanti. Il loro ruolo, anche economico, è però controverso: è un fatto che in questi sei anni i tunnel scavati dai palestinesi abbiano permesso l’ingresso nella Striscia a beni di prima necessità, animali e persone, evitando un isolamento che poteva condurre ad una crisi umanitaria senza precedenti. Secondo alcune stime, ben il 30 per cento dei beni entrati a Gaza in questi anni sono passati sottoterra. D’altra parte, queste stesse gallerie hanno anche permesso il passaggio di armi, munizioni e miliziani. Causando guai e vittime a Israele ma anche allo stesso Egitto. Inoltre, se da una parte il mercato che oggi passa attraverso i tunnel produce un indotto di circa 10 mila posti di lavoro per palestinesi che avrebbero ben poco altro da fare, dall’altra questi stessi commerci illegali avrebbero arricchito i soliti piccoli affaristi e funzionari del governo, mentre molti agricoltori della Striscia, i cui prodotti non sono in grado di competere con i generi alimentari importati di contrabbando, sarebbero andati in rovina. Per non parlare delle condizioni «da topi» a cui chi lavora nei tunnel è obbligato; secondo l’agenzia palestinese Maan, nel mese di gennaio sarebbero morti altri 6 operai a causa del crollo di una galleria, portando il numero delle vittime sepolte sotto il confine, a 233 dal 2007. Chi lavora nei tunnel guadagna 50 shekel al giorno (circa 14 euro). I padroni dei tunnel pagano un indennizzo che va da 10 ai 12 mila dollari alla famiglia di ciascun operaio morto sul lavoro, compenso stabilito dall’Agenzia governativa dei tunnel, istituita da Hamas, oggi al potere nella striscia di Gaza.
Secondo il giornale libanese Al Akhbar, che cita una fonte egiziana anonima, al termine delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza, nel novembre 2012, l’Egitto avrebbe mediato un accordo tra Hamas e Israele; e la chiusura dei tunnel sarebbe stata una delle condizioni imposte dall’allora segretario di Stato americano Hillary Clinton per raggiungere una tregua tra i contendenti. Da parte sua, Hamas avrebbe tutto l’interesse politico per chiudere definitivamente questi sei anni di commerci illegali attraverso i cunicoli sotterranei, per aprire finalmente il confine normale con l’Egitto per cose e persone, ponendo così fine all’isolamento della Striscia
A breve termine, però, l’obiettivo egiziano sarebbe quello di distruggere la maggior parte delle gallerie lasciandone in piedi solo cinquanta, che dovrebbero restare sotto la supervisione di Hamas, responsabile di vigilare sulla merce di passaggio, limitandola a generi alimentari e di uso civile.