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Egizi e hittiti, uno studio sulle fonti

Daniele Civettini
18 marzo 2013
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Egizi e hittiti, uno studio sulle fonti

Le relazioni tra l'Egitto del faraone Ramesse II e l'altro gigante politico mediorientale - gli hittiti - sono oggetto di questo studio di Paolo Bondielli e Alberto Elli, raro esempio di volume con testi a fronte in scrittura geroglifica egiziana e cuneiforme hittita, che documenta tre momenti salienti di questo segmento di storia antica: la battaglia di Qadesh, del 1274 a.C.; il trattato di pace tra Ramesse II e Muwattalli sovrano degli hittiti, stipulato nel 1259; la corroborazione del conseguente periodo di armonia tramite la politica dei matrimoni dinastici.


«Principe vigile, re forte, figlio di Sutekh, amato di Montu, stella della terra, luna dell’Egitto, sole della terra, che dà loro luce; disco solare che irraggia per gli uomini, al vedere i cui raggi essi vivono. Dagli anni molteplici, dalla grande regalità, dai grandiosi giubilei, dalle numerose meraviglie»… Questi, in un tipico sfoggio di titoli e attributi, è Ramesse II, il grande faraone egizio, l’invincibile condottiero, il munifico costruttore di templi e città, la fonte di ispirazione per una letteratura anche recente (si pensi alla saga in cinque libri di Christian Jacq) ma anche – secondo tradizione – il terribile oppressore del popolo ebraico, le cui grida di sofferenza, nel libro dell’Esodo, sono giunte fino a Dio: nel bene e nel male, il leader di una delle due super-potenze del Medio Oriente durante il passaggio dall’epoca del bronzo a quella del ferro.

Sono proprio le relazioni con l’altro gigante politico mediorientale, dirimpettaio dell’Egitto, a costituire l’oggetto dello studio di Paolo Bondielli e Alberto Elli: Ramesse II e gli Hittiti (ed. Ananke), raro esempio di volume con testi a fronte in… scrittura geroglifica egiziana e cuneiforme hittita, che documenta tramite i testi originali (riprodotti, traslitterati e tradotti) tre momenti salienti di questo segmento di storia antica: in primo piano c’è la celebre battaglia di Qadesh, del 1274 a.C., poi il trattato di pace tra Ramesse II e Khattushili III sovrano degli hittiti, stipulato nel 1259, infine la corroborazione del conseguente periodo di armonia tramite la politica dei matrimoni dinastici, a partire dall’unione tra Ramesse e la figlia di Khattushili III, fratello e successore di Muwattalli.

Come è ben noto agli egittologi e agli iniziati della relativamente giovane storiografia sugli hittiti (che deve gran parte della sua esistenza alla scoperta della capitale, Ḫattuša, alla metà del Diciannovesimo secolo), la battaglia di Qadesh in realtà non fu un grande evento bellico, tale da spostare gli equilibri esistenti: quando il giovane e impetuoso Ramesse salì verso l’Anatolia per affermare la sua supremazia sul territorio, venne ingannato da alcune spie hittite circa le intenzioni di Muwattalli, vecchio e astuto il giusto, che tramite una strategia di guerra piuttosto scorretta per l’etica del tempo, riuscì con alcune sortite dei suoi carri ad isolare le divisioni egizie vicino al fiume Oronte. Ramesse riuscì, specialmente grazie ai suoi temibili arcieri, a raddrizzare le sorti dello scontro, finché entrambi i contendenti tornarono alle proprie regge conservando sostanzialmente lo status quo. Ma se dal punto di vista strettamente militare si può parlare di una sopravvalutazione dei fatti di Qadesh (non fu una strage, nessuno vinse), grazie all’ampia introduzione storica degli autori è possibile anche per i non esperti apprezzare la sorprendente modernità di ciò che si mosse attorno all’evento: la grande maturità politica dell’impero hittita e il suo avanzato concetto di diplomazia internazionale, testimoniato dalla pratica dei trattati bilaterali; l’enorme capacità comunicativa dell’intelligentia dell’impero egizio, capace di trasformare una quasi-disfatta del suo divino condottiero e difensore in un’epopea tra le più celebri e affascinanti di tutti i tempi. Come? Allo stesso modo in cui si farebbe oggi: con una campagna propagandistica così robusta, capillare e dispendiosa da lasciare visibile memoria di sé persino a più di tre millenni di distanza…

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