Il 19 marzo, a Istanbul in Turchia, la Coalizione nazionale siriana, che riunisce molte forze di opposizione al regime di Assad, ha eletto il primo ministro del governo provvisorio siriano: si tratta di Ghassam Hitto, un siriano sunnita naturalizzato americano. Intanto, sul terreno, continuano le devastazioni della guerra. I francescani restano ai loro posti.
(Milano/c.g.) – Primi tentativi di darsi un governo da parte delle forze di opposizione al regime di Bashar al Assad, con il forte (per alcuni «ingombrante») appoggio delle potenze occidentali. Il 19 marzo, a Istanbul in Turchia, la Coalizione nazionale siriana, che riunisce molte forze di opposizione al regime di Assad, ha eletto il primo ministro del governo provvisorio siriano: si tratta di Ghassam Hitto, un siriano sunnita naturalizzato americano.
Hitto, 50 anni è nato a Damasco, ma ha vissuto per decenni negli Stati Uniti. Si è laureato nel 1989 presso l’università dell’Indiana, diventando alto funzionario di una società texana che si occupa di confezioni e imballaggi. Negli Usa si è sposato e ha avuto un figlio, non ha però mai dimenticato mai la causa del suo popolo: infatti in Texas ha animato per anni una scuola per studenti musulmani è creato lo Shaam Relief Fund, una piccola fondazione per profughi siriani.
Obaida, il figlio di Hitto nato negli Usa, ha lasciato tutto andando a combattere in prima linea in Siria, restando ferito da una bomba. Dal 2012 Hitto si è trasferito a Istanbul, per seguire più da vicino il conflitto in patria. Proprio per questa sua doppia anima – di manager e di attivista religioso – pare che sia riuscito a ottenere il consenso sia dei liberali, sia degli islamisti che partecipano alla Coalizione nazionale siriana, ottenendo una maggioranza di 35 dei 50 voti espressi dall’assemblea. Il Dipartimento di Stato Usa ha subito espresso il suo compiacimento per l’elezione di Hitto, che «conosce e rispetta» e sarà in grado di portare «unità e coesione tra le fila dell’opposizione siriana».
L’elezione del candidato «di estrazione americana» ha suscitato tuttavia qualche polemica, che mette in evidenza le divisioni che ancora esistono tra gli oppositori al regime di Assad: prima della votazione, infatti, diversi rappresentanti sarebbero usciti per non esprimere il proprio voto. Secondo il quotidiano libanese The Daily Star, 12 membri della Coalizione nazionale siriana si sarebbero «sospesi» in polemica con l’elezione. Tra di loro ci sarebbe anche il portavoce Walid al-Bunni. «Il fatto è che la Coalizione nazionale siriana è un organismo non eletto da nessuno. E come tale non ha il diritto di eleggere un premier a maggioranza – ha spiegato Kamal Labwani, un altro dei dissidenti –. Quindi gli unici siriani che Hitto oggi rappresenta, sono quei 35 che lo hanno votato».
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, diversi dissidenti si sarebbero ritirati dalla sessione prima del voto «per protestare contro quello che hanno definito un colpo di mano orchestrato da forze straniere».
Si oppone a questa visione Louay Safi, membro della coalizione favorevole al premier designato: «Hitto ha le capacità tecniche che ti puoi aspettare da un tecnocrate, senso della politica e capacità di negoziazione – ha spiegato Safi –. Sarà un buon rappresentante di fronte alla comunità internazionale. Il nuovo governo da lui presieduto dovrà essenzialmente cercare di offrire servizi alla popolazione nelle aree già liberate».
Nel frattempo pare che in Siria si sia tragicamente arrivati all’impiego di armi chimiche: l’agenzia governativa Sana ha denunciato ieri che i ribelli le avrebbero utilizzate nella città di Khan al-Assal, nella provincia di Aleppo, provocando quindici morti. I ribelli smentendo, hanno ribaltato l’accusa sul regime.
E cresce in modo preoccupante anche la tensione in Libano: aerei ed elicotteri siriani hanno bombardato per la prima volta dopo mesi, obiettivi vicino alla città di Ersal, prossima al confine con la Siria; probabilmente il bersaglio erano basi usate dalle milizie sunnite pronte a entrare in Siria. Il bombardamento – definito «un’inaccettabile violazione della sovranità nazionale» dal presidente libanese Michel Sleiman – arriva dopo che la scorsa settimana il governo di Damasco aveva chiesto a quello di Beirut di vigilare sui confini per impedire a gruppi armati di entrare in territorio siriano.
Ci giunge notizia, intanto che, nonostante i pericoli, i francescani della Custodia «sono rimasti al loro posto, soffrendo col popolo che soffre». In questo momento la presenza francescana è assicurata nei quattro villaggi dell’Oronte – dove al momento predominano le forze avverse al regime, salvo nel villaggio di Jisr El-Shoughour, che è rimasto in mano all’esercito regolare –. Il convento del villaggio di Knayeh ospita un centinaio di persone cristiane e musulmane che hanno perso le loro case. A Damasco, nonostante i bombardamenti, i francescani presidiano ancora le loro due parrocchie. Ad Aleppo i frati restano nella parrocchia di San Francesco e nel collegio di Terra Santa. In queste ore si combatte ferocemente nei dintorni degli aeroporti di Aleppo e Damasco aeroporti e l’esito della battaglia è incerto.