Obama in Terra Santa. Soffia un nuovo vento di pace
Riceviamo e pubblichiamo volentieri alcune brevi riflessioni personali di fra Ibrahim Faltas, francescano della Custodia di Terra Santa, sulla recente visita del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in Israele, Territori Palestinesi e Giordania. Il 22 marzo scorso il frate di origini egiziane era tra i religiosi che hanno accolto l’Inquilino della Casa Bianca in visita alla basilica della Natività.
***
Grande attesa e trepidazione si percepiva nell’aria a Betlemme il 22 marzo scorso, per la visita del presidente statunitense Barack Obama e il suo segretario di Stato John Kerry.
Dopo l’incontro tra Obama e Mahmoud Abbas (Abu Mazen), presidente dell’Autorità Palestinese, a Ramallah il giorno prima, tutti noi aspettavamo l’arrivo di Obama a Betlemme in elicottero.
Ma un forte vento non ha permesso il volo e il presidente Obama è entrato a Betlemme in auto attraversando il check-point, e quindi varcando il grigio muro di separazione che divide Betlemme da Gerusalemme.
Ad aspettarlo sulla Piazza della Mangiatoia, in via del tutto eccezionale, il presidente Abu Mazen, che già visibilmente soddisfatto del precedente incontro a Ramallah, per il clima d’intesa e di armonia che si era creato, ha voluto continuare insieme a Obama la visita a Betlemme. Un evento straordinario poiché è la prima volta che Abu Mazen accoglie a Betlemme la visita di un capo di Stato.
Durante l’attesa, mi sono soffermato a lungo a parlare con Abu Mazen, sull’epilogo della Primavera araba che ha coinvolto numerosi Paesi intorno a noi, e in particolare sulla complessa situazione in Egitto e sulla dimenticata e tragica guerra in Siria.
Insieme ad Abu Mazen c’era una piccola delegazione formata dal ministro del Turismo palestinese Rula Ma’aya e dal governatore di Betlemme Abdel Fattah Hamayel. A fare gli onori di casa il sindaco di Betlemme, Vera Baboun, che con simpatia e cordialità ha sottolineato come il vento sia stato provvidenziale, poiché ha fatto sì che il presidente Obama entrasse in città attraversando il muro, rendendosi conto di come vivono giornalmente tutti i cittadini di Betlemme.
La visita di Obama e di Kerry è stata molto cordiale, ma soprattutto all’insegna del dialogo e con un forte desiderio di conoscere e approfondire la situazione.
Durante la visita alla basilica della Natività , eravamo presenti noi francescani insieme agli armeni e ai greci. Abbiamo esortato Obama ad essere lui il protagonista di questa nuova pagina della storia che potrebbe dare una svolta decisiva a riprendere le trattative e le consultazioni tra i due stati. Ciò che particolarmente ci ha colpito del presidente statunitense è stato il rispetto e l’attenzione nell’ascoltarci e la sua sorprendente richiesta di pregare per lui.
La visita è proseguita con noi francescani all’interno della chiesa di Santa Caterina, dove, dopo abbiamo acceso una candela, simbolo della Luce di Cristo Risorto, ma è anche della piccola luce di una preghiera richiesta dal presidente affinché riesca a trovare una soluzione pacifica per tutti.
In questi anni, come responsabile del protocollo della basilica di Betlemme e in qualità di rappresentante della Custodia di Terra Santa presso le istituzioni israeliane e palestinesi, ho avuto modo di accogliere i presidenti Bill Clinton, George W. Bush e, ora, Barack Obama. Sino ad oggi, tutti i tentativi di negoziato si sono sempre arenati attorno alla questione del blocco degli insediamenti e soprattutto sul destino di Gerusalemme.
Io credo che la visita di Obama sia soltanto un nuovo inizio, che riapre a tutte le prospettive di dialogo di cui l’America vuole essere la portavoce, dopo anni in cui il processo di pace è stato abbandonato. Il segretario Kerry, in questi giorni ha già riavviato le consultazioni tra gli israeliani e i palestinesi.
Non so se avremo una soluzione a breve scadenza, ma penso che un nuovo seme sia stato gettato.
L’attenzione del presidente Obama – che ha dimostrato nell’incontro con i giovani israeliani a Tel Aviv e con i giovani palestinesi a Ramallah – riaccende in tutti noi un nuovo squarcio di speranza. Dove il messaggio risuona chiaro: è arrivato il tempo di ricominciare, ripartendo anche dalle nuove linee di pensiero dei giovani, che si trovano a vivere in un contesto di pace negata, di una guerra fra innumerevoli persone che non si conoscono fra loro, ma che si massacrano per la gloria e per il profitto di alcune persone che si conoscono e che non si massacrano fra loro.
Dobbiamo pazientemente aspettare, ma sono fiducioso che Barack Obama investirà molte energie scrivendo una nuova storia, forse veramente una nuova primavera per la Palestina ed Israele, dove la parola «pace» acquista un senso, si concretizza nel dare a tutti gli uomini la possibilità di vivere la propria vita in quella dignità e libertà che sono fondamento di ogni civiltà.
Tutti noi siamo protagonisti di questo momento storico in cui l’umanità intera è richiamata dalle parole di Papa Francesco a non scoraggiarsi, a non lasciarsi rubare la speranza.
Occorre continuare a lavorare tutti per la pace in Medio Oriente, perché se non ci sarà pace in questa Terra, nella terra della speranza, il mondo intero non potrà trovare la pace.
fra Ibrahim Faltas ofm