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Al Cairo tempesta su al Azhar

Giorgio Bernardelli
5 aprile 2013
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Al Cairo tempesta su <i>al Azhar</i>
Scorcio della moschea al Azhar, al Cairo.

È da secoli un punto di riferimento dottrinale per l'Islam sunnita. Ma nel nuovo Egitto anche il suo ruolo deve fare i conti con il contesto radicalmente mutato. Così l'università di al Azhar al Cairo oggi si trova nell'occhio del ciclone per una questione apparentemente molto banale: un'intossicazione alimentare che ha colpito 561 suoi studenti. Ma c'è di più...


È da secoli un punto di riferimento dottrinale per l’Islam sunnita. Ma nel nuovo Egitto anche il suo ruolo deve fare i conti con il contesto radicalmente mutato. Così l’università di al Azhar al Cairo oggi si trova nell’occhio del ciclone per una questione apparentemente molto banale: un’intossicazione alimentare che ha colpito 561 suoi studenti.

La vicenda potrebbe far sorridere se non fosse che in realtà è solo un aspetto di una questione ben più seria: il rapporto tra gli islamisti e il resto della società, in vista anche delle cruciali elezioni politiche che – dopo un ulteriore rinvio dovuto all’ennesimo pasticcio giuridico – adesso pare debbano svolgersi a ottobre. L’intossicazione ad al Azhar è avvenuta nei giorni scorsi e ha colpito gli studenti che avevano pranzato alla mensa. Nel contesto del Cairo di oggi non stupisce che l’incidente abbia dato origine a proteste a cui lo sceicco Ahmed El-Tayeb ha risposto subito silurando il presidente dell’università Osama al-Abd. Ieri sera, poi, è arrivato pure l’arresto del responsabile della logistica, che dovrà scontare quattro giorni di prigione.

Misure drastiche, anche perché il malcontento puntava il dito molto in alto: allo stesso Ahmed El-Tayeb. Destando nel contempo qualche sospetto sulla sua spontaneità: la voce che circolava al Cairo è che fossero i Fratelli Musulmani a cavalcare la crisi, puntando a regolare i conti con lo sceicco di al Azhar, visto come un contrappeso fastidioso rispetto al proprio ruolo di interpreti del «vero» islam. I vertici del movimento hanno smentito queste voci. Ma ieri è dovuto comunque intervenire il Gran Mufti dell’Egitto in persona per dire che porre in discussione Ahmed El-Tayeb significa mettere a rischio la sicurezza dell’Egitto.

Al di là di queste difese è un fatto che al Azhar si trovi a giocare un ruolo cruciale nell’attuale fase della vita politica dell’Egitto. Più volte in questi mesi Ahmed El-Tayeb si è trovato a mediare tra gli islamisti e i partiti liberali, svolgendo quel ruolo di figura sopra le parti che il presidente Mohammed Morsi non è in grado di garantire. L’ultimo episodio significativo è avvenuto alla fine di gennaio, quando al Azhar è riuscita a mettere intorno a un tavolo i rappresentanti di tutte le forze in campo per sottoscrivere una Dichiarazione sul rifiuto della violenza: dieci punti che hanno rappresentato un risultato importante all’indomani della crisi scoppiata a dicembre intorno alla nuova costituzione. Punti, però, che sono rimasti ampiamente sulla carta, dal momento che non passa settimana che non veda nuovi scontri al Cairo (proprio domani si annuncia una nuova giornata di tensione, nell’anniversario della costituzione del movimento 6 aprile, il principale movimento giovanile di protesta nato nel 2008 e protagonista nel gennaio 2011 a piazza Tahrir).

Ad al Azhar si guarda oggi anche per un’altra questione cruciale: il ricorso alla religione nella prossima campagna elettorale. Nella legge elettorale appena riformata dal Consiglio della Shura (dominato dagli islamisti) è stato fatto saltare l’articolo che prevedeva il divieto dell’uso di slogan religiosi. Va detto che già nelle precedenti elezioni i riferimenti all’Islam erano stati abbondantemente utilizzati e che la Commissione elettorale ha comunque dichiarato l’intenzione di intervenire per prevenire abusi. Ma la decisione è l’indice comunque di un clima. A cui concorre anche il vero fatto nuovo di questi ultimi anni: il dilagare in Egitto delle tivù satellitari di ispirazione islamista, che – come spiega l’articolo che rilanciamo qui sotto – non si limitano a offrire orientamenti religiosi, ma entrano in campo in modo diretto nelle scelte politiche. Ormai per tanti musulmani egiziani stanno diventando un riferimento molto più importante di al Azhar. Che a sua volta sta cercando di correre ai ripari preparando il lancio di un proprio canale televisivo concorrente.

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Clicca qui per leggere l’articolo di al Ahram

Clicca qui per leggere sul sito della Fondazione Oasis il testo della Dichiarazione sul rifiuto della violenza

Clicca qui per leggere l’articolo sui canali satellitari religiosi in Egitto

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