Nell’omelia della celebrazione d’insediamento di Papa Francesco, il 19 marzo scorso, ci sono alcuni passaggi che, anche alla luce della situazione che il Medio Oriente sta vivendo oggi, meritano di essere meditati. Il discorso del Santo Padre prende spunto dalle figura di San Giuseppe e si dipana sul filo del tema del «custodire». Tre le altre cose, Bergoglio afferma: «La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore».
Mentre leggo queste parole non posso non pensare al lavoro che i frati della Custodia stanno svolgendo nei contesti più travagliati del Medio Oriente oggi. In Egitto, per esempio, con l’impegno per i più poveri nel quartiere popolare del Muski, al Cairo. In Siria, nella semidistrutta Aleppo, o nei villaggi della valle dell’Oronte, dove si sono rifugiate decine di migliaia di persone in fuga dalla guerra. Nei Territori palestinesi e in Libano, dove l’impegno per i cristiani locali si fa opere e sostegno quotidiano.
Custodire i luoghi della fede cristiana, ma insieme ad essi i più fragili, è la missione d’amore che da otto secoli i francescani portano avanti in Terra Santa e che chiediamo a tutti di condividere. Per rimettere «i piccoli» al centro del nostro cuore.