I sunniti contro gli sciiti (e i loro alleati alawiti)? È la lettura che da due anni ritorna come un ritornello intorno alla guerra in Siria. E puntuale si è riaffacciata anche in queste ore, dopo i razzi caduti sui quartieri sciiti di Beirut, con tutto ciò che essi comportano. Occorre non dimenticare, però, che ci sono anche altri protagonisti: i salafiti.
I sunniti contro gli sciiti (e i loro alleati alawiti)? È la lettura che da due anni ritorna come un ritornello intorno alla guerra in Siria. E puntuale si è riaffacciata anche in queste ore, dopo i razzi caduti sui quartieri sciiti di Beirut, con tutto ciò che essi comportano (Terrasanta.net ne parla già diffusamente). Il paradigma sunniti-sciiti è inevitabilmente il primo che viene in mente; eppure più va avanti questa tragedia – rischiando di estendersi anche ad altri Paesi come appunto il Libano – e più appare chiaro come le guerre parallele che si combattono a Damasco e dintorni siano ormai diventate tante.
Proprio di una di queste parlava sul Daily Star Rami Khoury, uno dei più attenti osservatori di tutto ciò che si muove nel mondo arabo. Commentando la notizia degli scontri in corso ormai da giorni a Tripoli li riconduceva senza esitazioni alla presenza sempre più forte dei salafiti anche nello scacchiere libanese. Come suo solito Khoury è molto chiaro nello spiegare che in Medio Oriente quando si parla di islamismo ormai si parla di tre realtà tra loro molto diverse e sempre di più in aperta concorrenza: ci sono i gruppi «nazionalisti» come Hamas e Hezbollah, ci sono i movimenti politici legati all’esperienza dei Fratelli Musulmani (al governo in Egitto e in Tunisia) e poi ci sono appunto i salafiti. Gruppi che – sulla scia di quanto accade in Iraq e in Siria con le milizie di Jabat al Nusra – anche in Libano destano sempre più preoccupazione per i metodi violenti attraverso cui vorrebbero instaurare uno Stato rigidamente islamico.
Se l’analisi di Khoury è corretta vuole dire una cosa molto semplice: i pericoli per la stabilità del Libano non provengono solo dai razzi che dal cielo possono piovere su Beirut, come accaduto domenica. Vengono anche dalle nuove roccaforti dei salafiti che sono il quartiere di Bab al-Tabbaneh a Tripoli (la seconda città del Libano) o il campo profughi palestinese di Ain al-Hilweh, nel Sud del Paese. È questa radicalizzazione in corso da tempo, dunque, ad aver permesso ai germi del conflitto siriano di entrare in circolo in Libano.
Se tutto questo è vero – allora – diventa decisivo oggi capire che cosa stia succedendo in quella parte del mondo sunnita – che pur opponendosi ad Assad e ad Hezbollah – non vuole finire schiacciata sotto il tallone dei salafiti. Da questo punto di vista vale la pena di segnalare una notizia giunta direttamente dalla Siria. Un blog sempre molto informato su quanto accade a Damasco come Syria Comment ha infatti scritto in questi giorni che nella Coalizione nazionale siriana – l’ennesimo organismo creato per mettere ordine tra i mille gruppi dell’opposizione ad Assad – starebbe per entrare ufficialmente lo sceicco Mohammad al-Yaqoubi. La notizia è molto interessante perché Yaqoubi è un esponente molto rappresentativo della corrente sufi del mondo sunnita siriano. Cioè di un Islam moderato, molto più vicino al modello turco, e dunque di matrice opposta rispetto al furore dei salafiti.
Si tratta del primo segnale di una discesa in campo da parte di quell’Islam della tolleranza che – pur schierato contro Assad – oggi è sempre più preoccupato per via delle milizie straniere che stanno calpestando tutto e tutti in Siria per instaurare il loro Stato islamico? E queste forze avranno un ruolo reale in quella conferenza di «Ginevra 2» – previste per le prossime settimane – su cui la comunità internazionale punta molto per arrivare a fermare la carneficina di Damasco? Sono domande oggi evidentemente aperte. Ma confermano ancora una volta come lo scenario in tutto il Medio Oriente sia molto più complesso di quanto possa apparire a prima vista.
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