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Il valore della cultura

di Elisa Ferrero
17 giugno 2013
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Nel clima di tensione crescente che pervade il Paese all’avvicinarsi delle grandi manifestazioni del 30 giugno prossimo contro il presidente Morsi (e con un occhio ben puntato sulla Turchia), le proteste locali e settoriali continuano a sbocciare ovunque in Egitto. Ma una su tutte attira l’attenzione pubblica: il sit-in di artisti e intellettuali sotto l’ufficio del nuovo ministro della Cultura.


Nel clima di tensione crescente che pervade il Paese all’avvicinarsi delle grandi manifestazioni del 30 giugno prossimo, organizzate dal movimento Tamarrud per ottenere le dimissioni del presidente Morsi, e con un occhio ben puntato sulla Turchia, le proteste locali e settoriali continuano a sbocciare ovunque in Egitto. È il caso del recente sciopero dei piloti dell’Egyptair o di quello degli esattori incaricati di riscuotere il pagamento delle bollette dell’elettricità. La scorsa settimana, tuttavia, ad attirare l’attenzione pubblica è stato soprattutto il sit-in di artisti e intellettuali (tuttora in corso) sotto l’ufficio del nuovo ministro della Cultura, Alaa Abdel Aziz, il quale è accusato di portare avanti una vera e propria epurazione all’interno delle istituzioni culturali statali, per favorire un presunto progetto di islamizzazione della cultura accarezzato dalla nuova élite di governo.

Attori, cantanti, scrittori, ballerini, pittori, poeti e artisti di ogni genere hanno occupato il ministero della Cultura dando inizio a un sit-in a oltranza che dovrebbe durare fino alle dimissioni di Abdel Aziz, o per lo meno fino allo sgombero forzato, secondo i timori di qualcuno.

La protesta pacifica e colorata del «popolo della cultura» si è trasformata nell’occasione perfetta per tenere ogni sera uno spettacolo diverso, completamente gratuito, per le strade di Zamalek, il quartiere del Cairo che ospita il ministero. La gente ha apprezzato, affluendo numerosa sia per assistere agli spettacoli, sia per sostenere gli artisti nella loro lotta. Per qualche giorno, il sit-in degli artisti ha risuscitato i momenti migliori di piazza Tahrir, quelli di festa, gioia e maggior creatività. Agli islamisti, però, questa protesta non è piaciuta. Sui loro siti web, dopo qualche giorno, sono partiti preoccupanti appelli a sgomberare il sit-in con la forza. Un tentativo maldestro effettivamente c’è stato, ma per fortuna non è andato a buon fine, grazie al tempestivo intervento (per una volta) delle forze dell’ordine e di moltissimi cittadini accorsi a difendere i dimostranti.

Fin qui tutto «normale» per l’Egitto post-rivoluzionario, sennonché dai racconti sull’assalto islamista al sit-in della cultura emerge una nota all’apparenza stonata: a dare un contributo decisivo alla difesa dei dimostranti sarebbero stati gli ultras. Cosa c’entrano questi rudi tifosi di calcio, da molti ritenuti l’antitesi della cultura, con scrittori e ballerini? Il rapporto fra ultras e rivoluzione ha una lunga storia, ma la loro presenza al sit-in degli artisti pare proprio un ossimoro. In realtà, ciò rimanda a un aspetto della società egiziana che è affiorato altre volte durante questi anni di turbolenze: il rispetto, talvolta riverente, per la cultura e per chi ha compiuto, magari con grande fatica, studi non accessibili a tutti. Sebbene l’Egitto soffra di un altissimo tasso di analfabetismo che raggiunge il 50 per cento, e sebbene le correnti islamiste stiano aggredendo violentemente il mondo della cultura, questo rispetto esiste ancora. Come non ricordare, ad esempio, il cordone umano che i dimostranti di piazza Tahrir formarono a protezione del Museo egizio nel bel mezzo delle proteste del 2011? Una scena simile si ripeté dopo l’incendio dell’Institut d’Egypte, nel dicembre 2011, durante una delle tante battaglie di strada tra forze dell’ordine e dimostranti, quando numerosi cittadini, sfidando pallottole e bombe molotov, tentarono di portare in salvo i libri dell’istituto, mezzi bruciacchiati o intrisi dall’acqua usata per spegnere il fuoco. E che dire, poi, delle testimonianze ricorrenti di intellettuali, o di persone dall’aspetto istruito, che nei vari scontri con la polizia sono stati sistematicamente respinti verso la retroguardia da ragazzi poveri, molto probabilmente analfabeti, che combattevano invece in prima linea, con la motivazione che le loro vite valevano meno di quelle di chi aveva studiato, potendo essere più facilmente sacrificate per il bene del Paese? Non c’è da stupirsi, dunque, se gli ultras si mobilitano per proteggere gli intellettuali asserragliati nel ministero della Cultura, che di fronte allo scontro fisico sono impreparati e indifesi.

La cultura oggi è senz’altro minacciata in Egitto e soffriva di enormi problemi già prima della rivoluzione, mentre il ruolo degli intellettuali, durante e dopo la dittatura di Hosni Mubarak, è argomento di dibattiti a volte feroci. Tuttavia, il valore della cultura è ancora sentito.

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