È abbastanza noto che guerre e rivoluzioni sono la causa di vere e proprie ondate migratorie… Se poi alle violenze si sommano difficoltà di tipo economico, quando non vere e proprie discriminazioni, allora diventa una strada obbligata quella di cercare un rifugio fuori della nazione. Questo fenomeno sta toccando con forza i cristiani copti.
I quali amano la propria patria e accettano con difficoltà di vivere altrove. Per questa ragione le cifre sull’emigrazione dei copti sono sorprendenti. Dopo la caduta di Hosni Mubarak e l’arrivo al potere di un regime, apparentemente civile e democratico, ma gravido di un sogno islamista teocratico, i copti si sentono minacciati e sempre più spinti a lasciare il Paese.
L’Organizzazione dell’unione egiziana dei diritti dell’uomo ha rivelato che 100 mila cristiani copti hanno presentato richieste d’emigrazione dopo la caduta di Mubarak. Altri 10 mila hanno avanzato la medesima richiesta con l’avvento al potere di Mohamed Morsi. E chissà cosa potrà succedere in queste settimane, con il ritorno sulla scena dei militari che hanno deposto il presidente… Una fonte ecclesiastica ben informata sostiene che, negli ultimi mesi, non meno di 30 mila copti sarebbero emigrati verso gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Italia, l’Australia e gli Emirati Arabi. Forse si tratta di una stima eccessiva (e difficilmente verificabile), ma è la spia di un malcontento diffusissimo dopo l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani.
Tra le mete più gettonate dalla diaspora egiziana ci sarebbe anche la Repubblica della Georgia. Nel Paese caucasico sarebbe infatti abbastanza facile ottenere asilo per i cristiani copti. Secondo i dati a disposizione, sono almeno 150 le domande settimanali di asilo o di immigrazione avanzate alle autorità della repubblica ex-sovietica. Dall’inizio dell’anno ad oggi, sarebbero oltre 1.700 i visti d’ingresso concessi a cittadini egiziani; un migliaio in totale i permessi di soggiorno.
Di recente due notizie si sono fatte strada nel mondo copto ed hanno trovato grande eco. Da un lato si è sparsa la voce che l’Olanda avrebbe aperto le porte ai copti; dall’altro si è diffusa la notizia che anche Israele avrebbe avuto un occhio di riguardo… La rivista egiziana 7 ayyâm (7 Giorni), riferiva a pagina 47 del numero di aprile 2013 una notizia della radio israeliana secondo la quale alcune famiglie copte avrebbero già varcato il confine israeliano, chiedendo asilo a causa della persecuzione religiosa subita.
Lungo questi mesi che hanno segnato l’arrivo al potere dei Fratelli Musulmani, i copti hanno scrutato con attenzione i segnali provenienti dal governo… Sanno che il sogno del fondatore di questa organizzazione islamica è quello di rifondare il califfato sconfitto con la caduta dell’impero ottomano. Ciò implicherebbe il ritorno ad una società islamizzata, e perfino il ripristino della tassa per i non musulmani conosciuta sotto il nome jizya. I copti potrebbero correre il rischio di pagarla di nuovo…
Inoltre l’Egitto ha visto affermarsi, con forza, un gruppo islamista wahhabita (di matrice saudita) i cui membri sono disposti ad affrontare, anche con la violenza, chi non rispetta la sharia, la legge coranica: donne che non coprono i capelli e non si vestono secondo le usanze islamiche, oppure fidanzati che passeggiano a braccetto, ecc..
In questo contesto, non occorre stupirsi di fronte alla partenza dei copti… La loro vita è messa a dura prova. Si trovano davanti ad un vero e proprio bivio: resistere sostenuti dalla forza della fede oppure cercare rifugio dove sono assicurati gli elementari diritti umani, tra cui quelli di professare liberamente il cristianesimo.