Ricordate le prime giornate «gloriose» della primavera araba? Uno dei tormentoni del momento era l'idea che fosse una rivoluzione nata sui social network. Vediamo dai tanti fronti drammatici aperti in questi giorni come le cose siano in realtà molto più complesse. Questo non vuole dire, però, che i nuovi media siano un ingrediente trascurabile nella difficile stagione che il Medio Oriente sta vivendo. Due storie emblematiche...
Ricordate le prime giornate «gloriose» della primavera araba? Uno dei tormentoni del momento era l’idea che fosse una rivoluzione nata sui social network. Vediamo dai tanti fronti drammatici aperti in questi giorni come le cose siano in realtà molto più complesse. Questo non vuole dire, però, che i nuovi media siano un ingrediente trascurabile nella difficile stagione che il Medio Oriente sta vivendo. Lasciano comunque il segno, ovviamente nel bene come nel male. In Egitto – ad esempio – Twitter e Facebook sono stati amplificatori potenti di quella polarizzazione tra le due anime del Paese che ha portato alle conseguenze che tutti abbiamo visto.
Eppure – parlando di nuove tecnologie – anche il volto più incoraggiante delle opportunità inedite e degli spazi di libertà resta vivo e vegeto nel mondo arabo. E lo testimoniano due esempi che stanno facendo notizia in questi giorni. Il primo viene dagli Emirati Arabi Uniti, uno di quei Paesi del Golfo Persico dove le istanze di democrazia e di libertà presenti nelle piazze del 2011 sono stati tenute accuratamente lontane. Anzi, proprio per evitare pericoli di contagio l’anno scorso Abu Dhabi ha addirittura inasprito la sua legislazione contro la «pirateria informatica», rendendo punibile anche ogni utilizzo degli strumenti digitali per «opporsi ai princìpi fondamentali che stanno alla base del sistema dello Stato».
Ora però – come racconta il sito Al Monitor – il professor Yousif Khalifa al-Yousif, un docente di scienze politiche abbastanza noto dell’Università degli Emirati Arabi Uniti, ha deciso di sfidare apertamente queste norme. Ha redatto una lettera aperta in cui sostiene che il sistema di governo del Paese – basato sulla successione ereditaria da uno sceicco all’altro – sia controproducente. E per condividere questa sua riflessione ha utilizzato Twitmail, un’applicazione che permette di diffondere con facilità i propri messaggi di posta elettronica utilizzando Twitter. Si tratta – quindi – di una sfida aperta a una legislazione repressiva, messa in atto comunque in una maniera che aggira la stretta sui blog.
Completamente diversa – ma ugualmente innovativa nella forma – è un’altra storia che viene invece dalla Striscia di Gaza e ha a che fare con il crowd funding, il finanziamento di una certa iniziativa attraverso micro-donazioni raccolte on line. Protagonista della storia è Rana Baker, una delle blogger più note della Striscia (il suo account su Twitter, @RanaGaza, conta quasi 18 mila follower). Rana è una giovane studentessa palestinese che – nonostante gli interessi per la sociologia e l’antropologia – a Gaza ha preso una laurea in economia; il motivo è facilmente intuibile: se abiti nella Striscia e non puoi uscire, devi accontentarti delle facoltà che hai a disposizione. Adesso però Rana ha davanti a sé una grossa opportunità: è stata ammessa a un master in Migrazioni e studi sulle diaspore alla prestigiosa School of Oriental and African Studies di Londra. Un sogno che vorrebbe sfruttare per approfondire il tema dell’identità palestinese in relazione all’esperienza dei profughi e a tutti i discorsi sul diritto al ritorno.
Solo che c’era un problema non da poco da risolvere: una retta da 15.500 sterline da racimolare. Così Rana ha scelto il crowd funding attraverso una piattaforma on line e la sua scommessa si sta rivelando vincente: in un mese è già arrivata a quasi 12 mila sterline. E i corsi – che inizieranno il 23 settembre – sono ormai un obiettivo vicino.
L’intellettuale di Abu Dhabi che lancia la sua sfida di libertà attraverso l’ultimo ritrovato della rete. La ragazza di Gaza che grazie alle relazioni costruite con il suo blog potrà andare a studiare a Londra. Due volti di un mondo arabo che – nonostante i problemi che conosciamo – prova comunque a costruire qualcosa di nuovo.
—
Clicca qui per leggere l’articolo di Al Monitor sull’iniziativa di Yousif Khalifa al-Yousif
Clicca qui per accedere alla raccolta fondi on line per il master di Rana Baker