Alcune suore ortodosse e gli orfani di cui si prendono cura, in totale circa 40 persone, sono rimasti intrappolati nello storico convento di Santa Tecla, nella città cristiana di Maaloula, in Siria, dove le truppe del presidente Bashar al Assad dalla prima decade di settembre stanno confrontandosi con i ribelli. L'allarme del patriarcato greco ortodosso di Antiochia.
(Milano/c.g.) – Alcune suore ortodosse e gli orfani di cui si prendono cura, in totale circa 40 persone, sono rimastei intrappolati nello storico convento di Santa Tecla, nella città cristiana di Maaloula, in Siria, dove le truppe del presidente Bashar al Assad dalla prima decade di settembre stanno confrontandosi con le forze dei ribelli. A rivelarlo è il patriarcato greco ortodosso di Antiochia. «Il monastero di Santa Tecla sta vivendo giorni difficili perché è sulla linea del fuoco incrociato. Ciò fa sì che sia difficile e pericoloso per chi vi abita procurarsi rifornimenti», denuncia con un comunicato stampa il patriarcato.
«Proprio a causa del tiro incrociato – continua il testo –, il generatore del monastero è stato danneggiato e ciò impedisce l’approvvigionamento di acqua e mette a rischio le vita delle persone che vi abitano. Siamo certi che la presenza del monastero di Santa Tecla in questa regione costituisce un invito all’amore, alla pace e alla fraternità tra i figli della stessa nazione. Per questo vogliamo rimanere sul posto, per testimoniare il nostro amore alla patria e il nostro assoluto rifiuto della violenza».
Il patriarca greco ortodosso di Antiochia, Yohanna X Yazigi, preoccupato per il possibile degenerare degli eventi, ha lanciato un accorato appello «alla mezzaluna rossa siriana, alla croce rossa internazionale, alle organizzazioni governative e non governative e a tutte le organizzazioni umanitarie perché portino aiuti al monastero».
Da quando, all’inizio del mese di settembre sono iniziati i combattimenti nel villaggio di Maaloula, molti abitanti cristiani lo hanno abbandonato. I ribelli, secondo la testimonianza delle suore, nei giorni scorso hanno visitato diverse volte il monastero per verificare se vi fossero nascosti militari dell’esercito.
Maloula, situata a 55 chilometri da Damasco, è una città simbolo della presenza cristiana in Siria ed è uno dei più antichi insediamenti cristiani al mondo. I suoi abitanti parlano ancora l’aramaico, la stessa lingua parlata da Gesù.
Non è la prima volta che, durante il conflitto siriano, una comunità cristiana rimane ostaggio dei contendenti. Esattamente un anno fa, ad esempio, nella città di Rableh, al confine con il Libano, una banda armata tenne prigioniere ben 240 persone, poi rilasciate dopo intense trattative.