A sei mesi dalla sua elezione al soglio di Pietro, Paolo VI, tra il 4 e il 6 gennaio 1964, compì il primo pellegrinaggio di un Papa in Terra Santa. Un fatto di portata storica per il contesto nel quale il viaggio pastorale era maturato (quello del concilio Vaticano II avviato da Giovanni XXIII), ma anche per essere di fatto il primo viaggio internazionale di un successore di Pietro nell’era moderna.
Secondo la testimonianza di mons. Pasquale Macchi, allora segretario personale di Paolo VI, già a poche settimane dalla sua elezione, avvenuta il 21 giugno 1963, Montini aveva manifestato ad alcuni collaboratori la decisione di recarsi pellegrino ai Luoghi Santi. La notizia fu poi comunicata ai padri conciliari il 4 dicembre 1963 con queste parole: «Tanto è viva in noi la convinzione che per la felice conclusione finale del Concilio occorre intensificare preghiere ed opere, che abbiamo deliberato, dopo matura riflessione e non poca preghiera, di farci noi stessi pellegrini alla terra di Gesù nostro Signore. Vogliamo infatti recarci, se Dio ci assiste, nel prossimo mese di gennaio, in Palestina, per onorare personalmente, nei Luoghi Santi, ove Cristo nacque, visse, morì e risorto salì al Cielo, i misteri primi della nostra salvezza: l’incarnazione e la Redenzione. Vedremo quel suolo benedetto, donde Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore; noi umilissimamente e brevissimamente vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i Fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace tra gli uomini, la quale in questi giorni mostra ancora quanto sia debole e tremante, per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità. Che la Madonna Santissima guidi in nostri passi, che gli apostoli Pietro e Paolo e tutti i santi ci assistano benigni dal Cielo».
A quel tempo la Terra Santa era divisa tra Israele e Regno di Giordania. Gran parte di Gerusalemme e tutta la città vecchia era sotto il controllo del sovrano hashemita giordano. Nelle poche ore in cui il Santo Padre si fermò nei Luoghi Santi, oltre agli eventi ufficiali e ai discorsi, volle compiere numerosi gesti simbolici e di grande portata storica. Tra questi l’incontro con il patriarca Atenagora, che aprì una nuova stagione nelle relazioni ecumeniche tra le Chiese.
Arrivando ad Amman, il 4 gennaio, Paolo VI venne accolto da re Hussein di Giordania. Poi, in automobile, raggiunse Gerusalemme, fermandosi prima presso il fiume Giordano, nel luogo del battesimo. Entrò a Gerusalemme dalla Porta di Damasco, fece visita al Santo Sepolcro, incontrò le comunità cattoliche di rito orientale, poi il patriarca armeno e il patriarca di Gerusalemme. L’indomani si recò a Nazaret alla basilica dell’Annunciazione, non ancora ultimata. In serata l’incontro storico a Gerusalemme, presso la Delegazione apostolica, sul Monte degli Ulivi, con Ateganora I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, giunto nella Città Santa via Rodi. Si trattò di un incontro intenso, affettuoso e fraterno, reiterato il giorno successivo, 6 gennaio, quando, di ritorno da Betlemme (dove celebrò la solennità dell’Epifania), Paolo VI volle restituire la visita ad Atenagora recandosi al patriarcato greco di Gerusalemme. Alla fine la recita del Padre nostro e un comunicato comune. Dopo il saluto alle autorità civili israeliane e giordane, il commiato commosso di Montini dalla terra di Gesù: «Pace a questa terra e a tutti coloro che abitano qui».
Ritornando a Roma, accolto da una folla immensa e festante, Paolo VI si rivolse ai fedeli, con queste parole: «Vi porto un saluto da Betlemme, dove questa mattina ho celebrato la Santa Messa. Vi porto la pace del Signore, vi porto quel che voi già avete nel cuore e dimostrate di aver ben capito: la realtà, cioè, che fra Cristo, Pietro e Roma corre un filo diretto. Questo filo ha vibrato di tutte le sante emozioni e adesso si fa trasmettitore di tutte le mie benedizioni. Voi avete compreso che il mio viaggio non è soltanto un fatto singolare e spirituale: è diventato un avvenimento, che può avere una grande importanza storica. È un anello che si collega ad una tradizione secolare; è forse un inizio di nuovi eventi che possono essere grandi e benefici per la Chiesa e per l’umanità».
A 50 anni di distanza da quello storico viaggio, il «filo diretto» tra Roma e Gerusalemme si è via via rafforzato, tanto che sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno compiuto un pellegrinaggio ai Luoghi Santi. E che nella terra che per prima ha conosciuto la salvezza si attende con trepidazione la visita di Papa Francesco, che vi si recherà (probabilmente a primavera) proprio per commemorare il viaggio di Paolo VI e l’incontro fraterno con il patriarca Atenagora. Sottolineando con forza, come è nel suo stile, i gesti profetici, l’anelito alla pace e i semi di speranza che papa Montini seppe seminare sulle strade di Terra Santa.