A Natale in Terra Santa ci sono alcune notizie che ogni anno non mancano mai. Anche se tutti noi che amiamo l’angolo del mondo in cui Dio si è fatto carne, ne faremmo volentieri anche a meno. Forse - però - anche queste «tradizioni» un pochino tristi servono a ricordarci quanto le categorie umane appaiono piccole di fronte al Mistero che torna a compiersi in mezzo a noi.
A Natale in Terra Santa ci sono alcune notizie che ogni anno non mancano mai. Anche se tutti noi che amiamo l’angolo del mondo in cui Dio si è fatto carne, ne faremmo volentieri anche a meno. Forse – però – anche queste «tradizioni» un pochino tristi servono a ricordarci quanto le categorie umane appaiono piccole di fronte al Mistero che torna a compiersi in mezzo a noi.
Anche quest’anno – dunque – avremo puntuali le polemiche sulle raffigurazioni del Gesù palestinese. Basta guardare il video che l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ha diffuso su YouTube per i suoi auguri natalizi: «Ogni Natale la Palestina celebra la nascita di uno dei suoi, Gesù Cristo – recita la didascalia -. Come palestinesi continuiamo ad anelare pace e giustizia per la Terra Santa e quest’anno la nostra speranza è rinnovata dai preparativi per accogliere Papa Francesco». E via con l’animazione con il Papa su una biga mentre passa accanto a fili spinati, coloni armati e check-point.
In Israele – invece – va in scena la solita battaglia sull’albero di Natale. Che pur essendo stato ormai sdoganato in tanti luoghi dove passano migliaia di turisti cristiani resta vietato alla Knesset, il parlamento israeliano che dovrebbe essere la «casa» di tutti i suoi cittadini. A chiedere di poterlo esporre pubblicamente era stata la deputata arabo cristiana Hanna Swaid, ma la speaker della Knesset Yuli Edelstein non ha concesso il permesso, giudicando «inappropriata» l’esposizione in pubblico di un simbolo legato alla tradizione cristiana.
In teoria sarebbe una cosa molto seria, ma si fa comunque molta fatica a non considerarla come una specie di rito natalizio anche la notizia secondo cui entro il 31 dicembre il segretario di Stato americano John Kerry presenterà a israeliani e palestinesi il suo piano di pace per il Medio Oriente. Tutti ovviamente speriamo che questo negoziato porti davvero frutto, affrontando le grandi contraddizioni che restano aperte e impediscono la pace. Ma questo tipo di svolte non nascono mai dal nulla e i segnali che accompagnano il negoziato fanno pensare che questa ipotesi sia davvero molto lontana.
E allora anche in Terra Santa – forse – è molto meglio provare andare oltre alle immagini a effetto, ai segni e alle parole esteriori. Per provare a immergersi davvero nel mistero. Ed è proprio quanto tornano a suggerirci – con il loro messaggio comune di Natale- i patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme: «Il mondo in cui Gesù è venuto non era molto diverso dalla situazione attuale qui in Medio Oriente, dove viviamo oggi. La violenza è vista da alcuni come l’unico modo per imporre l’ordine e garantire la sicurezza; per altri, come l’unico modo per resistere all’oppressione e all’ingiustizia. Crediamo fermamente che la violenza non sia la soluzione e che Gesù, il “Principe della Pace”, è venuto a mostrarci non solo come riconciliarci con Dio, ma anche come riconciliarci gli uni con gli altri. La pace deve cominciare nel cuore dell’uomo riconoscendo una comune umanità con ogni persona che è stata creata a immagine di Dio». Alla fine – nella storia senza fine di Betlemme – è solo questo ciò che conta davvero.
Buon Natale a tutti!
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