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Mona Mina, una donna che dà speranza

di Elisa Ferrero
30 dicembre 2013
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L’Egitto, in questi giorni, è di nuovo scosso da un’ondata di attentati, prevalentemente diretti contro le sedi di polizia ed esercito. Persino in questo clima, tuttavia, può succedere che una buona notizia restituisca la speranza. È accaduto una decina di giorni fa, con la nomina della dottoressa Mona Mina alla carica di segretario generale del sindacato dei medici. Cristiana, specializzata in pediatria, è la prima donna a raggiungere questa posizione, ma anche la prima persona non appartenente alla Fratellanza Musulmana a rivestire questo ruolo.


L’Egitto, in questi giorni, è di nuovo scosso da un’ondata di attentati, prevalentemente diretti contro le sedi di polizia ed esercito. Ancora una volta sono stati rivendicati dal gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis e hanno causato un nuovo inasprirsi della repressione nei confronti della Fratellanza Musulmana. Quest’ultima è stata formalmente inserita dal governo egiziano fra le organizzazioni terroristiche, sulla base dell’accusa – per ora non dimostrata ufficialmente – che dietro la rappresaglia dei gruppi jihadisti dopo la destituzione del presidente Mohamed Morsi, nel Sinai e su tutto il territorio egiziano, vi sia proprio la regia dei Fratelli Musulmani.

Nel frattempo, le narrazioni contrapposte degli islamisti e del governo sulla situazione nel Paese si stanno estremizzando. I primi restano immersi in un vittimismo privo di autocritica, specie riguardo alla violenza insita in molte delle loro parole e azioni, e in un discorso settario che continua ad additare i copti come responsabili di una cospirazione contro l’Islam per conquistare l’Egitto. Il secondo, coadiuvato dai mass media, resta avvolto nella retorica di una lotta al terrorismo che non distingue più fra opposizione pacifica e armata, o fra i diversi gradi di responsabilità per la violenza che attraversa il Paese, preferendo indurre alla delazione e spazzando via chiunque si ponga di traverso sulla sua strada. In mezzo, c’è una società civile che cerca vie per tornare a respirare e sperare.

Persino in questo clima, tuttavia, può succedere che una buona notizia restituisca la speranza. È accaduto una decina di giorni fa, con la nomina della dottoressa Mona Mina alla carica di segretario generale del sindacato dei medici. Specializzata in pediatria, è la prima donna a raggiungere questa posizione, ma anche la prima persona non appartenente alla Fratellanza Musulmana a rivestire questo ruolo, perché il sindacato dei medici è sempre stato, fin dal tempo del presidente  Hosni Mubarak, esclusivo monopolio della Fratellanza. Mona Mina, inoltre, è cristiana, particolare che rende la sua nomina alla guida dell’ex roccaforte dei Fratelli Musulmani ancora più significativa.

La storia personale di questa dottoressa, tuttavia, racconta tante altre cose. Il suo successo (o per meglio dire il riconoscimento del suo fondamentale contributo) non è dovuto alla sua appartenenza religiosa o di genere, nel senso che non è per essere donna e copta che è stata votata dai suoi colleghi alla guida del Sindacato. Il riconoscimento è dovuto a un durissimo lavoro, di lunghi anni, con il gruppo Medici senza diritti, impegnato nella lotta per il miglioramento del sistema sanitario nazionale e della retribuzione dei medici. Nel 2011, quando ancora non era nota al pubblico internazionale, Mona Mina è stata fra i leader di uno storico sciopero nazionale della categoria durato settimane. Prima ancora, durante l’era Mubarak, scendeva in piazza per i diritti dei medici e dei loro pazienti. Infine, allo scoppio della rivoluzione del 2011, si è recata negli ospedali da campo per curare i feriti degli scontri fra manifestanti e polizia.

Mona Mina era già stata eletta nel consiglio direttivo del sindacato dei medici nel 2011, candidata in una lista di indipendenti che proprio allora aveva iniziato ad erodere, lentamente, il monopolio della Fratellanza. L’elezione di Mona Mina a capo del Sindacato dei medici è anche la prova che lo scollamento della Fratellanza Musulmana dal tessuto sociale egiziano ha radici lontane e ben diverse dalla recente repressione e propaganda militare. È infine la testimonianza che «l’ipotesi islamista» di società può essere sconfitta con valide ipotesi alternative, senza ricorrere alla violenza e alla politica della sicurezza, una strada alla quale le forze politiche secolari sembrano aver rinunciato.

Mona Mina è nata nel 1958 e non appartiene alla giovane generazione che è stata celebrata come il motore della rivoluzione. Appartiene invece a quella dei genitori di questi giovani, quella che avrebbe dovuto assumersi la responsabilità, dopo la caduta di Mubarak, di guidarli nella gestione del Paese, passando loro le competenze necessarie in ogni campo. Questo era quello che chiedevano e speravano molti giovani di piazza Tahrir. La leadership politica, purtroppo, ha completamente fallito in questo ruolo. Al contrario, nel suo ambito professionale, Mona Mina lo sta adempiendo molto bene. Forse, la speranza alla quale l’Egitto oggi si può aggrappare è proprio nelle tante Mona Mina sconosciute che lavorano invisibili, ognuna nel suo campo.

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