Un progetto italo palestinese per la salvaguardia della cultura beduina, coinvolgendo i bambini e rifacendosi alla tradizione orale di fiabe e racconti. Ne sono nati un libro illustrato e un film, che hanno visto i ragazzi protagonisti. E ha gettato un ponte anche verso i loro coetanei italiani. Ecco come è andata.
(Ramallah) – La sala eventi del Centro culturale Sakakini è affollata di bimbi dentro le loro divise scolastiche. Guardano attenti il film che essi stessi hanno girato, nelle comunità beduine di Wadi Abu Hindi, Khan Al-Ahmar, Anata e Al Jabal. E sfogliano il loro libro: le illustrazioni nate dalla penna esperta di sei illustratori palestinesi e italiani e da quella creativa dei bambini beduini accompagnano le tre favole raccolte nelle comunità.
Si presentano i due prodotti del progetto L’unicità delle leggende e delle favole beduine narrate dagli occhi dei bambini, realizzato dall’ong italiana Vento di Terra e dal palestinese Istituto Tamer per l’educazione comunitaria. Sono il frutto di un anno di lavoro immersi nelle comunità beduine del centro della Cisgiordania, a stretto contatto con gli studenti delle scuole e gli insegnanti palestinesi. Obiettivo, ci spiega Natalia Fais, «la valorizzazione della cultura popolare beduina e la sua tutela, all’interno della più vasta identità palestinese».
«Il progetto – continua Natalia, coordinatrice per Vento di Terra – nasce all’interno di un programma organico di tutela della cultura orale beduina, in particolare quella della tribù jahalin, spesso marginalizzata dal resto della società palestinese di cui è però parte integrante. Ci siamo focalizzati sulla promozione del diritto all’esistenza, attraverso l’arte. Il riconoscimento della cultura tradizionale beduina ci ha permesso di valorizzare questa popolazione all’interno della società palestinese e fuori, a livello internazionale. Attraverso gli occhi dei bambini e il coinvolgimento dell’intera comunità è stato possibile riprendere in mano valori e storie che negli ultimi tempi rischiavano di andare perduti».
Nelle pagine del libro di favole gli stili, le storie, le linee e i colori si mescolano e diventano il palcoscenico perfetto per il coraggio del piccolo Mohammed, in lotta con la mostruosa Ghoula che gli ha mangiato mamma e papà; come per la generosità della mamma capra Anasiye che con le sue corna d’oro uccide il lupo e salva i suoi capretti; o per la furbizia della dispettosa volpe del deserto Huseini, ancora in fuga da un lupo arrabbiato che non ha gradito l’essere stato preso in giro.
Il progetto, iniziato a gennaio 2013, ha visto coinvolti 500 bambini beduini di 10 diverse comunità in tutta la Cisgiordania, 30 insegnanti palestinesi, sei artisti palestinesi e italiani e 20 insegnanti di scuole ed asili italiani. Uno scambio interculturale che ha permesso di avvicinare mondi solo apparentemente lontani.
«Abbiamo operato su due livelli – prosegue Natalia –: uno informale, tramite la promozione alla lettura con il Bibliobus, libreria mobile che ha viaggiato in diverse comunità beduine, portando ai bambini libri e attività ricreative che non li facessero sentire isolati. E uno formale, con un percorso di formazione per gli insegnanti palestinesi che lavorano nelle scuole beduine, attraverso la metodologia dell’arte e il processo di apprendimento partecipativo».
Così, una pagina dopo l’altra, è nato il libro: «Prima abbiamo organizzato un laboratorio di scrittura creativa per due mesi: come si racconta una storia? Quali sono gli strumenti per farsi ascoltare? Come utilizzare il corpo, la respirazione, il cambio di tonalità? Sono poi seguiti laboratori di illustrazione con sei illustratori: tre italiani (Giulia Orecchia, Emanuela Bussolati e Dario Cestaro) e tre palestinesi (Lubna Taha, Anastasia Qarawani e Abdallah Qarawiq). I bambini hanno chiesto ai loro genitori di raccontare le storie tradizionali e le hanno poi riportate nei laboratori al poeta Anas Abu Rahma e a Denis Asaad, la narratrice (hakawatia, figura centrale nelle comunità beduine). È nato così un nuovo dialogo con la famiglia e i bambini si sono sentiti portatori di quei valori tradizionali che rischiavano di andare perduti. Non solo: si sono sentiti orgogliosi di essere beduini, consapevoli dell’unicità e della ricchezza della loro cultura».
Insieme al libro, i bambini beduini di Wadi Abu Hindi e Anata hanno anche girato un film, I saggi abitanti del deserto. Con la supervisione di artisti italiani e palestinesi – Ahmad Bakri, Pietro Bellorini e Marianna Bianchetti – è nato un mediometraggio di 30 minuti in cui i bambini mostrano la ricchezza della natura e raccontano della necessità e la bellezza di vivere in armonia con animali e piante, un messaggio che arriva facilmente al cuore dei bambini di tutto il mondo.
Al di qua del Mediterraneo, gli allievi delle scuole italiane coinvolte nel progetto hanno letto il libro e visto il film, rimanendone molto colpiti: «Abbiamo creato un ponte tra Italia e Palestina – conclude Natalia – . Le storie tradizionali beduine si avvicinano molto a quelle tradizionali italiane: il lupo e gli agnelli, la volpe e il corvo. Ma con elementi nuovi e dirompenti, come il giudice a cui si rivolge la capra Anasiye per salvare gli agnellini dal lupo».
«Dopo qualche mese di lavoro avevamo in mano storie che volevamo condividere con il mondo intero non solo in Palestina – dice Lubna Taha, una delle illustratrici e coordinatrice del progetto per l’Istituto Tamer – L’obiettivo del libro è proteggere storia e cultura beduine, attraverso laboratori di scrittura creativa a Wadi Abu Hindi, Khan Al-Ahmar e Al Jabal. Nell’illustrazione, invece, gli artisti italiani e palestinesi si sono focalizzati su tecniche che i bambini hanno poi sviluppato: il collage, ovvero il disegno su carta, la colorazione e il ritaglio. Hanno tutti lavorato in gruppi durante i laboratori e i bambini hanno realizzato prodotti bellissimi che proiettano nelle favole il loro punto di vista».
Ecco così spuntare tra le pagine del libro la bandiera della Palestina, tende beduine, cespugli a forma di cuore e tante pecorelle.
«I bambini beduini mi hanno stupito moltissimo – conclude Salwa Khalil, narratrice e animatrice di Tamer – Arrivavo nelle scuole con storie preparate per loro, ma loro avevano già pronte le favole e le attività da insegnare a me. Il racconto della storia è importante perché aiuta i bambini a creare un immaginario, a capire e riconoscere la realtà che li circonda, ma la parte più interessante è stata l’interazione con i bambini: non sono andata solo a dare, ma a ricevere. Non abbiamo imposto loro delle cose e basta, è stato un processo condiviso. E per questo bellissimo».