La conferenza di pace per la Siria appoggiata dall’Onu, che si è svolta in Svizzera (a Montreaux e a Ginevra) nel gennaio e nel febbraio scorso, è terminata con uno sconfortante nulla di fatto, come ha onestamente ammesso anche il segretario di Stato americano John Kerry. Da una parte le rigidità dei rappresentanti del governo di Assad, che hanno evidenziato come ogni soluzione per la Siria non potesse prescindere dalla lotta al terrorismo (leggasi alle fazioni degli insorti). Dall’altra le pretese dell’opposizione di dar vita a un «organismo governativo di transizione» a prescindere dal rais di Damasco. Proposta che però non ha trovato sostegno e interlocutori credibili.
Il risultato è che, ora più che mai, sulla Siria è calato il silenzio e (complici anche le altre crisi internazionali, in primis l’Ucraina) l’attenzione dell’opinione pubblica sembra via via affievolirsi.
In questa situazione, le sole opzioni sul tappeto restano purtroppo quelle legate alla guerra senza quartiere: quella di Assad contro ogni tipo di opposizione interna ed esterna; quella degli insorti, sempre più divisi al loro interno e condizionati dalle fazioni dell’Islam radicale. C’è poi il capitolo delle armi chimiche (solo in minima parte distrutte e che qualcuno ritiene essere state occultate da Damasco). Entro il 30 giugno prossimo, secondo gli accordi, tutti gli arsenali dovrebbero essere smantellati.
Intanto crescono ancora i profughi e gli sfollati (ormai 9 milioni), aumentano i morti e i feriti, le infrastrutture del Paese (strade, scuole, ospedali, reti idriche) sono distrutte.
La situazione dei cristiani, specialmente in alcune aree, è disperata. A Damasco, nei mesi scorsi, si sono registrati alcuni lanci di razzi su scuolabus e nei pressi di istituti scolastici dei quartieri cristiani. Nella zona di Raqqa gli islamisti intenderebbero imporre nuovamente il tributo ai non musulmani. Nella valle dell’Oronte, ad Homs e nella regione di Aleppo, le comunità cristiane cercano di resistere alla pressione delle fazioni dell’Islam fondamentalista, che spingono affinché abbandonino le loro case.
La Chiesa di Siria sta vivendo questa Quaresima, la quarta dall’inizio della guerra, patendo nella propria carne il cammino della croce. Ma senza lasciare che la fiamma della speranza si spenga nei cuori e invitando noi tutti a sostenere la sua testimonianza con la preghiera.